La maggior parte di questi operai, oggi, vive o comunque assicura la presenza dell’uomo nelle aree interne collinari e montane della Sicilia. L’economia di tanti centri dell’entroterra si regge sui forestali. Il loro licenziamento provocherebbe lo spopolamento di tanti paesi, aumentando la pressione nelle aree costiere. Per non parlare dell’abbandono di interi versanti che verrebbero condannati al dissesto idrogeologico
“La Regione sblocca i fondi, i 24 mila forestali potranno tornare al lavoro”. Così da ieri sera si legge sui giornali. Il governo regionale avrebbe trovato quasi 90 milioni di Euro per far completare le giornate lavorative a questi operai. La prima domanda che non possiamo non porci e non porre è: poiché si tratta dello stesso governo regionale – cioè della Giunta di Rosario Crocetta che governa dal Novembre del 2012 – perché questi soldi li ha trovati ora e non, per esempio, sei mesi fa? La nostra domanda non è peregrina, perché se questi soldi fossero stati trovati sei mesi fa, beh, tante aree boscate della Sicilia non sarebbero rimaste prive delle opere di prevenzione degli incendi e, soprattutto, migliaia di persone, oggi, non avrebbero il problema di completare le giornate lavorative previste dal contratto. Problema serio, perché se non completeranno le giornate lavorative non avranno diritto all’indennità di occupazione.
Detto questo, non possiamo non notare che il ‘ritrovamento’ di questi circa 90 milioni di Euro, da parte del governo Crocetta (sono stati ‘ritrovati’ grazie all’applicazione della delibera CIPE? è già stata approvata dalla Ragioneria generale dello Stato e poi registrata dalla Corte dei Conti? oppure questi quasi 90 milioni di Euro sono stati trovati tra le ‘pieghe’ del Bilancio regionale, magari sottratti ad altre categorie sociali ed economiche? ), non risolve il problema di fondo di questo settore. Il problema di fondo si riassume in una considerazione e in una conseguente domanda. La considerazione è che siamo arrivati a fine Novembre. La domanda è: per il prossimo anno le risorse finanziarie ci sono o i soldi per pagare i forestali siciliani se li è presi il governo Renzi?
Il tema è questo. I quasi 90 milioni di Euro per far completare le giornate lavorative agli operai della Forestale siciliana sono un atto dovuto del governo, che discende dal rispetto di un contratto. Anzi, se proprio dobbiamo essere precisi, il presidente Crocetta e il nuovo assessore all’Agricoltura, Antonello Cracolici, avrebbero fatto meglio a ‘smuovere il culo’ prima e a trovare prima queste risorse finanziarie, invece di costringere migliaia di persone a venire a Palermo e ad occupare, seppur pacificamente, decine di Municipi.
In queste ore, sulla rete, su questa vicenda, leggiamo cose scritte da persone che non conoscono i fatti. La ‘bravura’ del governo Renzi e del PD – che, lo ribadiamo, a nostro avviso vogliono licenziare queste circa 24 mila persone non soltanto per depredare i fondi regionali con i quali si pagano le giornale lavorative, ma soprattutto per fare risparmiare l’INPS – sta nel rendere sempre più povero il nostro Paese tagliando fondi di qua e di là per pagare le demenziali ‘missioni di pace’ (in pratica e guerre) e, contemporaneamente, nel mettere le persone e le categorie le une contro le altre.
La disonestà intellettuale e la scorrettezza del governo Renzi e del PD in questa vicenda dei forestali siciliani sta raggiungendo livelli inimmaginabili. Riassumiamola. Prima il governo Renzi ruba i soldi alla Regione con l’avallo del PD siciliano e, soprattutto, di quei ‘farisei’ dei deputati dell’Ars dello stesso Partito Democratico. Il governo Renzi ha rubato i soldi che spettano ai siciliani a norma dello Statuto. Perché i forestali, la Sicilia, li paga con i propri soldi e non con i soldi dello Stato!
Dopo aver rubato i soldi alla Regione arriva la delibera CIPE che, tra le altre cose, stanzia circa 90 milioni di Euro per i forestali. In realtà, fa sapere il sottosegretario Davide Faraone, naturalmente del PD – forse uno dei peggiori politici siciliani degli ultimi dieci anni – questi soldi servirebbero per le imprese, cioè per appalti, non per i forestali. Il tutto per mettere gli uni contro gli altri gli operai della Forestale e gli operai che lavorano nell’edilizia!
Contemporaneamente, parte una campagna sulla rete per mettere in cattiva luce gli operai della Forestale siciliana. Parlano cittadini che non sanno nulla, ma che dicono: ma perché li dobbiamo pagare, sono un peso per la società e bla bla bla. Ripetono, come pappagalli, quello che da due anni sentono ripetere in certe trasmissioni del servizio pubblico della Rai, dove i luoghi comuni e le semplificazioni hanno il sopravvento sulla verità.
La verità storica è che i forestali siciliani – al pari di altri forestali delle Regioni del Sud Italia – sono il frutto di un accordo tra Stato e Regioni meridionali che risale ai primi anni ’80 del secolo passato. Quando lo Stato, ogni anno, spendeva centinaia di miliardi di vecchie lire per la ristrutturazione delle aziende del cosiddetto ‘Triangolo industriale’ (Torino, Milano e Genova). In quegli anni si intervenne anche nel Triveneto e nel Centro Italia. I sindacati – CGIL, CISL e UIL – riuscirono ad ottenere, per il Sud, qualche intervento nelle poche realtà industriali del Mezzogiorno e interventi in favore del bracciantato.
In quegli anni, tra i tanti problemi del Sud, ce n’erano due in particolare, legati l’uno all’altro: un’agricoltura che stava entrando in crisi a causa delle politiche sbagliate della Comunità Europea (allora la UE si chiamava così) che penalizzavano le colture meridionali (di quegli anni ricordiamo la legge ‘Quadrifoglio’ e almeno tre piani agrumi: ma allora c’era la politica anche in agricoltura, non il vuoto di oggi) e il contestuale abbandono delle aree interne e delle aree collinari e montane da parte dei braccianti agricoli, che a causa della crisi iniziavano a spostarsi verso le aree costiere.
I sindacati – che oggi qualche idiota del Movimento 5 Stelle vorrebbe abolire – insieme con alcuni politici lungimiranti di quegli anni, provarono a trovare una soluzione per evitare la fuga dei braccianti dalle aree interne, collinari e montane del Sud del nostro Paese. E per questo motivo che nascono i forestali: per evitare l’abbandono di aree che, in pochi anni, avrebbe fatto aumentare il dissesto idrogeologico, che in Italia è un problema serio. Tra l’altro, le risorse impiegate nel Sud per i forestali erano di gran lunga inferiori alle risorse utilizzate nel Centro Nord Italia per la Cassa integrazione: era così allora ed è così ancora oggi: ma questo nessuno lo dice.
Per la Sicilia l’accordo, poi, era sfavorevole, perché poneva a carico della Regione il costo delle giornate lavorative, mentre lo Stato interveniva con l’indennità di disoccupazione attraverso l’INPS. Questo accordo, con la presenza dei forestali, ha ridotto o comunque ha fermato lo spopolamento delle aree interne delle Regioni del Sud. Magari una parte di questi operai si è trasferita comunque nelle aree costiere. Ma per lavorare fa la spola con le aree interne, collinari e montane, assicurando, bene o male, la presenza dell’uomo – e degli alberi – in queste aree: aree che, private degli alberi, franerebbero.
Chi oggi vuole chiudere il capitolo dei forestali non sa, ad esempio, che nel Messinese lo sforzo della Regione avrebbe dovuto essere doppio. Invece in questa provincia – dove le realtà montane e forestali sono splendide, ma delicatissime – nonostante i forestali, il dissesto idrogeologico è andato avanti, provocato da un’Unione Europea di affaristi e massoni che ha distrutto il mercato del nocciolo, facendo invadere l’Europa da nocciole prodotte chissà dove (e chissà come: cioè chissà con quali pesticidi!). La crisi della nocciolicoltura del versante tirrenico del Messinese – denunciata in solitudine dall’allora presidente di Confagricoltura di Messina e poi della Sicilia, Cesare Di Vincenzo – ha avuto effetti devastanti nella tenuta del territorio. Crisi accentuate dalla demenziale ‘cementificazione’ delle fiumare. Solo oggi il nocciolo delle contrade messinesi è in lieve ripresa: e già gli effetti positivi sull’ambiente si notano dopo due-tre anni. E si spera che il nuovo Piano di Sviluppo Rurale (PSR) intervenga di più e meglio in queste contrade.
Cosa vogliamo dire? Che chi oggi vorrebbe sbaraccare la presenza degli operai della Forestale non ha idea dei danni ambientali ed economici che si arrecherebbero alla nostra Isola, che con la mancanza di alberi ha iniziato ad avere problemi già con i Fenici. Ancora oggi, in tanti paesi dell’interno della Sicilia, l’economia è retta dalla presenza degli operai della Forestale. Se dovessero venire meno questi redditi l’economia di questi centri andrebbe al collasso. Nel giro di pochi anni molti paesi dell’entroterra siciliano si spopolerebbero, creando problemi gravissimi all’ambiente e altri problemi di urbanizzazione forzata nelle aree costiere.
Non c’è bisogno di essere urbanisti o economisti per comprendere certi fenomeni. Invece notiamo che nel PD siciliano spuntano parlamentari nazionali, sottosegretari e persino deputati regionali che non conoscono questi fatti. Ed è paradossale se si pensa che, nei primi anni ’80, erano proprio i parlamentari del vecchio Pci – partito dal quale discende il PD – che ponevano questi problemi prospettando soluzioni in quegli anni all’avanguardia. Allora nel Pci siciliano non si parlava solo di operai forestali, ma anche di leggi per il sostegno delle aree interne. Ma quelli erano politici seri, preparati, non gli improvvisati del PD siciliano di oggi.
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