La Sicilia secondo Unicredit: solo una ‘mammella’ da spremere

16 novembre 2015

Mentre il gruppo bancario annuncia nuovi licenziamenti (ovvero fare pagare ai lavoratori gli errori dei manager di questa banca), la FABI denuncia: dal 2007 ad oggi Unicredit non ha effettuato una sola assunzione in Sicilia!

C’è un dato diffuso in queste ore dalla FABI su Unicredit che merita qualche considerazione. Il dato è il seguente: dal 2007 ad oggi Unicredit non ha effettuato una sola assunzione in Sicilia! Insomma, per questo gruppo bancario la nostra Isola è un luogo dove raccogliere risparmio, ma non merita nuovi posti di lavoro. Per Unicredit, una regione di oltre 5 milioni di persone è solo terra di ‘conquista’ di raccolta.

Per la cronaca, Unicredit è la banca che, dopo una serie di passaggi mediati dai massoni della Banca d’Italia, ha inglobato, tra le tante banche italiane, anche l’ex Banco di Sicilia e l’ex Sicilcassa.

Ebbene, il primo elemento che salta agli occhi è che, grazie anche ad Unicredit, nella nostra Isola circa 12 mila lavoratori del settore bancario, in questi anni, hanno perso il lavoro.

Il secondo elemento, come già accennato, è che, dal 2007 ad oggi, Unicredit ha effettuato assunzioni in tutta l’Italia tranne che in Sicilia.

Il dato è interessante, perché ci racconta, con i ‘numeri’, che, anche nel settore bancario la Sicilia è trattata come una colonia. In questa grande banca sono state ‘infilate’ tante banche del nostro Paese. E tra queste, come già sottolineato, anche le due ormai ex banche siciliane – le già citate Banco di Sicilia e Sicilcassa – che erano finite dentro Capitalia. Se ci ragioniamo, dentro Unicredit la Sicilia ha sempre fatto la parte della ‘carne da macello’.

In queste ore Unicredit annuncia altri tagli. La storia è sempre a stessa: i banchieri hanno commesso errori e, nonostante i grandi aiuti della BCE (Banca Centrale Europea), per far quadrare i conti hanno pronti nuovi tagli. Cioè nuovi licenziamenti. Questa è storia vecchia. Sappiamo tutti a cos’è servita la liquidità immessa nel circuito bancario dalla BCE con il Quantitative Easing promosso da Mario Draghi: a dare ‘respiro’ alle banche, non certo alle famiglie e alle imprese.

Non dobbiamo dimenticare che le banche europee – e Unicredit è tra queste – scontano ancora il peso dei titoli ‘tossici’ acquistati dal il 2006 e il 2008. Diamo solo un dato tanto per capire di quale fenomeno stiamo parlando: la sola Deutsche Bank – una banca tedesca che, peraltro, opera in Italia con circa 400 sportelli – ha in ‘pancia’ circa 70 mila miliardi di Euro di titoli ‘tossici’ (a questo punto ci dovremmo chiedere: ma chi è che ha autorizzato a lasciare operare in Italia una banca tedesca con un ‘buco’ di 70 mila miliardi di Euro?).

Non sappiamo a quanto ammontino i titoli ‘tossici’ di Unicredit, ma sappiamo che, tra le banche italiane, è quella che, sotto questo profilo, è messa peggio.

Quando Mario Draghi, il ‘capo’ della BCE, ha proposto di immettere liquidità (cioè miliardi e miliardi di Euro ogni mese) nel sistema monetario dell’Unione Europea, non l’ha fatto, come hanno cercato di farci credere, per sostenere le imprese e le famiglie. Tant’è vero che la liquidità erogata dalla BCE alle banche europea non è arrivata alle famiglie e alle imprese: con questo immenso fiume di Euro, infatti, le banche, ormai quasi da un anno, hanno investito questo denaro in titoli obbligazionari a basso rischio. Questo per ridurre – ovviamente di pochissimo – il peso dei titoli ‘tossici’ che hanno in ‘pancia’. Cosa, questa, che hanno fatto e continuano a fare in accordo con la BCE, perché facendo così tengono basso lo spread.

Nonostante questi aiuti – ribadiamo: che non sono aiuti alle famiglie e alle imprese, ma aiuti alle banche – alcune di queste banche gestite male (e tra queste c’è Unicredit) hanno accumulato nuove perdite. Chi deve pagare? I lavoratori. A cominciare dal Sud Italia.

Chi ha sempre pagato, in Unicredit, è la Sicilia. Perché, come raccontano i sindacalisti della FABI, dal 2007 ad oggi Unicredit non ha effettuato una sola assunzione nella nostra Isola! Per Unicredit, insomma, la Sicilia è solo una ‘mammella’ da spremere.

Non possiamo certo accusare la sola Unicredit di non erogare credito alle famiglie e alle imprese siciliane, perché questo è un fenomeno che riguarda tutto il mondo bancario. Ma dobbiamo ragionare – abbiamo il dovere di ragionare – sul fatto che in Sicilia, dal 2007 ad oggi, Unicredit non abbia fatto una sola assunzione. Se pensiamo che, nel passato, Banco di Sicilia e Sicilcassa (prima che la Banca d’Italia, negli anni ’90 del secolo passato, decidesse di lasciare la Sicilia e, in generale, tutto il Sud senza un sistema creditizio di riferimento) erano le banche che assumevano più personale nella nostra Isola, abbiamo tutti i ‘numeri’ per comprendere che per la Sicilia l’operazione Unicredit è stata una fregatura su tutta la linea.

Che fare, allora? Il dibattito è aperto.

Per ora lanciamo solo un interrogativo: che succederebbe se, piano piano, i siciliani decidessero di chiudere i propri conti correnti che tengono presso le filiali di Unicredit?    

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