La relazione della Corte dei Conti sul DPEF che ignora gli scippi del governo Renzi a 5 milioni di siciliani è una condanna a morte. La Sicilia nuova Cartagine di Roma? Ma davvero non siamo capaci di scende nelle piazze della nostra Isola per cacciare a calci nel sedere questi cialtroni e ladri di futuro?
Catone il censore, al ritorno da una missione a Cartagine, si recò subito in Senato e ai patres conscripti, riluttanti a fare guerra a Cartagine mostrò un cesto di fichi, facendo osservare loro che se i fichi che lui aveva raccolto a Cartagine erano ancora freschi, pur essendo frutti delicati, e nonostante il viaggio in mare fino a Roma, significava che Cartagine era vicina, troppo vicina e che per la sicurezza di Roma doveva essere distrutta.
Nel mondo di allora non c’era spazio per entrambe le città, entrambe animate da una ferrea volontà di potenza e di dominio. La sopravvivenza dell’una postulava la distruzione dell’altra, una distruzione totale, funditus, dalle fondamenta, come poi fu e postulava che sulle rovine dell’una, l’altra spargesse il sale.
Nel mezzo, tra le due potenze rivali, c’era un’isola, “la bella Trinacria che caliga tra Passero e il Peloro”, ricca, rigogliosa, patria di miti universali, strategica. Il possesso di essa significa il possesso del Mediterraneo e la vittoria senza appello. Fu teatro di battaglie per terra e per mare, fu conquistata e fu trasformata in un museo.
La Sicilia è strategica fino a quando non viene conquistata, ma il suo possesso è strumentale: quando diventa possesso di qualcuno diventa superflua. E’ il suo destino. Questo ci aspetta. E così per secoli. La Sicilia per l’Islam diventò un messaggio, più che una minaccia, un coltello simbolico piantato nel cuore della Cristianità; per i Cristiani il segnale di inizio della reconquista e i normanni furono l’arma di Dio.
Mi fermo ai Normanni solo per dire che di tutte le conquiste dell’isola la loro fu l’unica che rispose solo a se stessa e non ebbe padroni cui chiedere permessi. Non si lascia fuori dalla propria capitale un re come Riccardo Cuor di Leone se non si è più che leoni a proprio volta.
La Sicilia ha resistito a tempeste di ogni genere, è nata, è morta ed è risorta; tante volte ha difeso l’Europa, e ne è stata l’avamposto e oggi rischia di morire di Europa. Bel paradosso vero?
Oggi la relazione della Corte dei Conti sul Documento di Programmazione Economia e Finanziaria (DPEF) del governo regionale ha sancito lo stato di prefallimento della Regione, non prendendo in alcuna considerazione la circostanza che il deficit nel nostro bilancio è frutto di arbitrarie attribuzioni a sé da parte dello Stato di spettanze regionali. “Maiora premunt”.
Ci sono cose più importanti. Prima Bruxelles e il suo patto di stabilità et pereat mundus!.
Si può essere in cinque milioni ed essere soli? Si può!
Si possono rappresentare istituzioni come il nostro Statuto speciale, nato tra le fiamme e in mezzo al sangue e alle rovine di una guerra e svenderselo per ottenere quattro soldi per pagare la propria sopravvivenza? Si può!
Possono poche decine di farabutti negoziare la svendita di un patrimonio secolare per garantirsi un poterucolo di niente? Si può!
E noi perché subiamo tutto questo?
Quale maleficio arcano, quale potente veleno, quale colpa oscura ottenebra le nostre menti e sfibra i nostri corpi, lasciandoci inerti?
E’ vero o non è vero che migliaia di nostri figli lasciano la Sicilia in cerca di un futuro che qui viene loro negato?
E’ vero o non è vero che milioni di persone di ogni età non hanno un lavoro vero e vivono di espedienti?
Che cosa dunque sono le statistiche, le indagini, le ricerche sociali? Menzogne? Siamo dunque felici e facciamo di tutto per nasconderlo?
Di che cosa abbiamo paura, che cosa ci impedisce di scendere a milioni nelle pazze e cacciare via a furor di popolo questi cialtroni, ladri di futuro? La paura che finisce peggio?
Che la mafia ci sparerà ad alzo zero?
Che cos’è l’orgoglio siciliano? Una favola, una mistificazione?
Dove sono quei migliori che possono rovesciare le sorti di questa guerra che porta una pace velenosa e puzzolente?
Dunque dobbiamo restare schiavi di elettori più cinici e accorti di noi, che ottengono quel poco che vogliono, ai quali non fanno impressione città senz’acqua e piene di rifiuti, ai quali nulla importa delle strade e delle autostrade che franano, della corruzione come normale regolatore dei rapporti umani? Nulla della devastazione morale?
La diamo vinta ai teorici del munnu è e munnu ha statu?
Perché elemosiniamo quello che è nostro diritto?
Che cosa siamo veramente?
Servi di quel potere che è nostro e che abbiamo consegnato agli indegni?
Un vecchio proverbio tedesco dice: “A chi dà un ufficio, Dio dà anche il senno per esercitarlo”. Ma quando questo ufficio viene dato dall’uomo e chi ha l’ufficio non ha il senno per esercitarlo, chi lo ha dato ha il diritto e il dovere di riprenderselo e darlo ad altri.
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