Buttanissima Sicilia: se la politica degenera in teatrino

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 Il Teatro Biondo di Palermo ripropone Buttanissima Sicilia di Pietrangelo Buttafuoco. I drammi di una terra che sprofonda che diventano finzione scenica. L’Autonomia come “primo male della Sicilia”. Con Giuseppe Sottile, Fabrizio Ferrandelli e Claudio Fava – e lo stesso Buttafuoco – che presentano il manifesto anti-Autonomia nella libreria Mondadori. E le responsabilità dello Stato?Ma lo sanno che fanno il gioco di Renzi e Berlusconi?

Dice Euripide: “Quando un uom soave di parole, e tristo di cuor, la folla persuade, è grave il mal della città”. Nella Sicilia che affonda, dove i drammi sociali diventano teatrino, a metà strada tra finzione scenica e speculazione politica, tutto si fonde e si confonde. Si sa, nel torbido si pesca meglio, specie se c’è da celebrar l’inganno… Magari per infierire su qualcosa che non c’è più da quasi cinquant’anni, nel caso in questione sull’Autonomia siciliana, travolta da una sentenza della Corte Costituzionale nell’ormai lontano 1957 (addio all’Alta Corte per la Sicilia) e poi martoriata, negli anni successivi, dall’ascarismo della politica siciliana.
Ma che volete che siano la ragione delle cose e la cronistoria dei fatti davanti all’eternità dell’arte? Perché tutto si può dire di Pietrangelo Buttafuoco e di Giuseppe Sottile, ma non che non siano grandi artisti. Gente di successo per il successo. Scrittori, commediografi e registi. Insomma intellettuali a tutto tondo. Mattatori della Buttanissima Sicilia, che è lo scoppiettante titolo di un’opera magistrale scritta da Pietrangelo Buttafuoco. Racconto icastico trasformato in opera teatrale subito rappresentata e ‘ri-rappresentata’ dal Teatro Stabile Biondo di Palermo del massone Gianni Puglisi: un marchio e una garanzia.
Politica che si fa Teatro e Teatro che si fa politica, se è vero che venerdì prossimo, sempre a Palermo, in una libreria ‘a caso’ – la berlusconiana Mondadori – Buttafuoco e Sottile, con la partecipazione straordinaria di Claudio Fava e Fabrizio Ferrandelli lanceranno, niente poco di meno, che il manifesto “per tagliare alla radice l’Autonomia, primo male della Sicilia”. E ancora: “Noi siamo qua – si legge in una scoppiettante intervista pubblicata sul quotidiano Live Sicilia -: d’accordo con me anche Francesco Merlo”.
“Noi siamo qua e il Papa è e Roma”, si usava dire un tempo. Ci rendiamo conto che i nostri lettori, a questo punto, saranno un po’ confusi: ma come – penseranno – in poche righe ci annuncia la presenza di tante intelligenze, tutte assieme, senza nemmeno darci il tempo di capire con quali altezze intellettual-siderali ci dobbiamo misurare?
Via, il tema è quello giusto. E anche il momento è perfetto. La Sicilia, l’abbiamo già accennato, cade a pezzi. L’autostrada Palermo-Catania è chiusa al traffico da sei mesi. Una frana ha travolto un viadotto. La gestisce lo Stato tramite l’ANAS. Ebbene, secondo voi di chi è la colpa di questo crollo? Dell’Autonomia.
Siamo a fine ottobre. Tutti i Comuni siciliani sono senza bilanci. Tutti. Lo Stato (leggere il governo Renzi) ha tagliato i fondi ai Comuni e alla Regione siciliana (alla Regione, in realtà, li ha rubati). Così la Regione senza soldi non può erogare ai Comuni le risorse del Fondo per le Autonomia locali 2015. Morale: i Comuni, come già accennato, stanno fallendo. Di chi è la colpa? Dell’Autonomia. 

Pietrangelo Buttafuoco e Peppino Sottile

Comuni senza soldi significa meno servizi per i cittadini. E infatti in tante città i servizi non esistono più. O se resistono non brillano. Così abbiamo gli studenti disabili senza il servizio di trasporto. Studiano a casa. O forse non studiano affatto. Di chi è la colpa? Dell’Autonomia. Se i Comuni sono senza soldi – e purtroppo sono senza soldi – gli anziani sofferenti (il riferimento è agli anziani poveri, che ormai in Sicilia sono la maggioranza) sono senza assistenza. I minori a rischio pure. Tutti abbandonati nel silenzio generale. Di chi è la colpa? Dell’Autonomia.
La sanità siciliana è in affanno. Il governo nazionale – l’ha ammesso persino l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, il ‘colonnello’ di Renzi in Sicilia – ruba alla nostra Regione 600 milioni di Euro all’anno. Abbiamo detto il governo: in realtà sono stati e sono tanti i governi protagonisti di questa ruberia. Ha iniziato il governo Prodi nel 2007, ha proseguito il governo Berlusconi dal 2008 al 2011; poi è toccato al governo Monti; quindi il governo Letta e, adesso, il governo Renzi.
Riassumiamo la storia. Prodi, nel 2007, decide di portare la quota di compartecipazione alle spese sanitarie della Regione siciliana dal 42% circa al 50% circa. In tre anni. Così dal 2010 la Regione paga 600 milioni di Euro in più all’anno. In cambio – così c’è scritto nella legge Finanziaria nazionale del 2007 – la Regione avrebbe recuperato tale somma da una quota delle accise sui carburanti. Previo passaggio dalla Conferenza Stato-Regione. Così aveva scritto Franco Piro, allora parlamentare nazionale del centrosinistra della Camera dei deputati eletto in Sicilia. Nel passaggio del testo dalla Camera al Senato la legge sembra sia stata un po’ ‘rimaneggiata’. Questo passaggio della legge è diventato leggermente confuso. Di questo tema cruciale per la Sicilia avrebbe dovuto occuparsi Anna Finocchiaro, detta Annuzza, senatrice del centrosinistra. Ma quella notte, così si racconta, doveva essere un po’ stanca… Così, dal 2010, la Conferenza Stato-Regione arzigogola. E non dà il via libera all’erogazione della quota delle accise sui carburanti in favore della Sicilia.
E’ un imbroglio. Indirettamente, sollecitando il pagamento di questi fondi a Roma, come già accennato, lo certifica anche l’assessore Baccei. Invece di chi è la colpa di tutto questo secondo il magnifico autore di Buttanissima Sicilia? Azzardiamo: dell’Autonomia siciliana! Del resto, un intellettuale come Buttafuoco non è tenuto a conoscere questi ‘miserabili’ passaggi contabili. Lui viene dalla grande cultura della destra siciliana, che un tempo di chiamava Msi di Giorgio Almirante. Ragazzi, lui ha letto ‘Il tramonto dell’Occidente’ di Oswald Spengler, non si scherza. E, con molta probabilità, anche Evola. Non è che uno come lui, così intriso di filosofia e di mistica si può misurare con le miserie della ragioneria. Non scherziamo!
Certo, qualcuno potrebbe dire: guardi signor Buttafuoco che se lo Stato dovesse restituire quanto ha rubato alla Sicilia con la sanità, al dicembre di quest’anno, con gli arretrati, nelle ‘casse’ della Regione entrerebbero 4,6 miliardi di Euro. Si azzererebbe il ‘buco’ di 3 miliardi di Euro. E ci sarebbe un miliardo e 600 milioni di Euro in più da spendere. Non ci sarebbe la crisi finanziaria. Anzi.
Pensi, signor Buttafuoco, se non avessero derubato la Sicilia di questi soldi non ci sarebbe stata la già citata crisi finanziaria: e lei, magari, sarebbe ancora direttore artistico del Teatro di Catania. Ricorda? L’aveva nominato Raffaele Lombardo, l’ex presidente della Regione, oggi condannato per mafia. Lei poi ha lasciato perché, giustamente, non si può certo gestire un Teatro senza soldi.
Anche Francesco Merlo non è tenuto a conoscere questi particolari di mera contabilità pubblica. Merlo si occupa di cose auliche. Vola alto. Altissimo. Lo confesso: riuscivo a fatica a leggere i colti articoli di Merlo quando era ancora vivo mio padre. Nella casa paterna c’erano l’enciclopedia Treccani e un mega dizionario dei sinonimi e dei contrari. Con questi libri accanto affrontavo la lettura degli articoli di Merlo e, qualche volta, mi avvicinavo alle verità-rivelazioni merliane. Oggi non ho più questi strumenti a disposizione. E la rete non arriva alle vette di Merlo. Così non riesco più ad abbeverarmi alla sua fonte semantico-antropologico-meta-culturale. Insomma, non ho gli strumenti culturali per comprendere l’anti-Autonomia siciliana di Merlo. Ognuno hai propri limiti.

Fabrizio Ferrandelli

Quanto a Ferrandelli, anche lui non è tenuto a conoscere la contabilità pubblica. Non a caso è stato eletto prima consigliere comunale e Palermo e poi deputato regionale… E poi Fabrizio è un peripatetico della politica: in tre anni ha cambiato casacca sette-otto volte. E chi fa politica saltando sui treni dei vincitori non ha certo il tempo di occuparsi dei miserabili numeri, se non altro perché se sbaglia treno…
Rimangono Claudio Fava e Giuseppe Sottile. Il primo è in politica ormai da un po’ di tempo. Lo ricordo nominato da Walter Weltroni segretario dei Democratici di sinistra della Sicilia. Correva l’anno 1998. Fava avrebbe dovuto imprimere ai Ds siciliani una svolta a sinistra. Invece, per ironia della storia, gli è toccato di gestire il governo del ribaltone guidato da Angelo Capodicasa, con Mirello Crisafulli e Totò Cuffaro assessori. Ricordo ancora le crisi d’identità di Fava che pensava di essere il segretario regionale di un partito di sinistra…
Oggi però si è rifatto. Oggi, insieme con Buttafuoco, con Sottile e con Ferrandelli è contro il governo-disastro-con-i-piedi di Rosario Crocetta. Una mezza rivincita per un ex segretario regionale dei Ds siciliani che è stato costretto ad assistere alla vendita-beffa (per la Regione siciliana, ovviamente) della Vini Corvo da parte del suo governo…
Andare contro Crocetta è facile: è come sparare sulla Croce Rossa. Certo, vedere Fava con Sottile e Buttafuoco – cioè con l’ex vice direttore del Giornale di Sicilia e con un intellettuale di destra, per chi conosce la storia della Sicilia degli anni ’70 e ’80 del secolo passato, beh, fa un po’ impressione. Ma oggi, in politica, la conoscenza della storia, al pari della contabilità pubblica, non serve…
Resta Giuseppe Sottile. Ricordo che, da ragazzo, quando alle tre del pomeriggio andavo ad acquistare il giornale L’Ora c’erano i suoi articoli. Ricordo che si occupava di politica. “E’ preciso e puntuale, ma è un simpaticissimo ‘sdisanorato”, diceva di lui mio padre. Nessuna offesa, per carità: in Sicilia, per ‘snisanorato s’intende intelligente assai: e Sottile intelligente lo è sempre stato. E lo è tanto che è l’unico al quale non mi sento di dire che non conosce la contabilità pubblica: perché in questo caso sì che l’offenderei: e offenderei la mia memoria di ragazzo che leggeva i suoi articoli di politica regionale sul L’Ora.
Quello che mi chiedo e chiedo, nel vedere la politica siciliana scivolare in teatrino, è: ma i protagonisti lo sanno che questi attacchi all’Autonomia siciliana, peraltro già defunta da un pezzo, alla fine, di certo senza che i protagonisti se ne rendano conto, fanno il gioco di Renzi e di Berlusconi, oggi alleati, a Roma come in Sicilia? Lo sanno che questo fango gettato addosso all’Autonomia serve soltanto a giustificare le ruberie del governo Renzi-Berlusconi non a una generica Sicilia, ma a cinque milioni di siciliani? Lo sanno che, anche grazie a queste ruberie romane, i siciliani pagano l’IRAP e l’addizionale IRPEF più salata d’Italia?
E’ un gioco brutto, quello che è in corso contro la Sicilia. Ci sono fatti oggettivi, in questa storia, che non possono essere negati. Giustissimo trovare una soluzione per gli oltre 100 mila precari sparsi tra Regione, Comuni, ex Province e relativi enti e società. Una soluzione che non può più gravare sulla Regione siciliana, perché questo problema precari costa oltre un miliardo di Euro all’anno. Giustissimo trovare una soluzione diversa. Magari un salario minimo garantito da contrattare con Bruxelles. Ed è giusto anche ricordare che questo esercito di precari è il frutto di clientele politiche e sindacali. Della serie: io ti faccio diventare precario e tu mi voti.
Qualcuno dice: il CAS, il Consorzio Autostrade Siciliane, che fa capo alla Regione, gestisce male la Palermo-Messina, la Messina-Catania e la Siracusa-Gela (ancora in costruzione). Verissimo. E invece l’ANAS sta gestendo meglio le altre autostrade e le strade dell’Isola? E che dire delle Ferrovie? Se ancora, in molti casi, mancano i raddoppi e i treni deragliano (vedere il tratto Palermo-Catania) la colpa è dell’Autonomia? Il “mal della città” che ci ricorda Euripide, che da noi è il mal della Sicilia è frutto per intero dell’Autonomia o lo Stato ci ha messo del suo, molto del suo?
Ragazzi, cerchiamo di essere seri.
Ps
Ma il Teatro – tempio della cultura – non dovrebbe tenersi al largo dal potere?

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  • Trascrivo, di seguito, quanto ho scritto a commento dell'articolo di Loris Sanlorenzo pubblicato su Siciliainformazioni.it:
    Da anni mi occupo di analizzare i processi storici e il focus dei miei studi si è soprattutto concentrato sulla Sicilia ed in particolare sull’identità siciliana e sullo strumento, lo statuto autonomistico, che presumibilmente ne avrebbe dovuto esaltare le caratteristiche. La lezione della storia, al di là dei fatti emotivi e delle passioni che le alimentano, ci dice però che quello statuto e quella autonomia, purtroppo per la Sicilia, non solo non ha contribuito ad esaltare l’identità siciliana, identità che ha trovato tuttavia canali culturali più adeguati e utili per affermarsi, ma ha rallentato il processo di crescita economico e sociale dell’isola, e ne ha impedito la modernizzazione. Basta avere l’onestà di leggere i numeri per capire che la Sicilia, nonostante l’ampia autonomia di cui ha goduto, non solo non ha retto il passo con il resto del Paese ma, addirittura, è andata indietro. E questo, non perché, come qualcuno sostiene, sia stato sottratto qualcosa, in ogni caso se sottrazione c’è stata la colpa è da ricollegarsi a chi non ha custodito quel che si sarebbe dovuto custodire, ma perché è stata assente quella responsabilità che è l’altra faccia dell’Autonomia. L’Autonomia, il cui processo di “concessione” è stato abbastanza complesso, è stata la sede di plateale irresponsabilità che si è manifestata nella dilapidazione delle risorse, non solo economiche, ma anche del territoriali, cioè quanto di peggio è avvenuto nella storia di oltre un secolo e mezzo d’unità nazionale. Oggi, è doloroso dirlo, siamo di fronte al fallimento, un fallimento di vasta dimensione che non riguarda solo fatti finanziari ma che è molto più ampio perché coinvolge direttamente le coscienze degli stessi siciliani che guardano con dolorosa disaffezione quello strumento, cioè l’Autonomia, così screditata quanto poco credibile.

    • La mia opinione sulle devastazioni causate dall'ascarismo resta immutata.Così come quella sui difetti genetici dei siciliani di cui parlo in altra pagina. Un mix micidiale.Purtroppo non abbiamo una controprova di una Sicilia governata da una Lega di siciliani contrapposta alla politica centrale che avesse ottenuto la piena attuazione dello Statuto.Anche se concordassi sulla analisi chiedo a tutti i certificatori del fallimento dell'autonomia e a chi la vuole abolire: E ALLORA CHE SI FA IN CONCRETO? FACCIAMO UN REFERENDUM? CHIEDIAMO LA DOLCE MORTE? Finita di fatto l autonomia finanziaria che era il cuore dell-autonimia che ce ne pu importare di tutto il resto.

      • Il minimo che si potrebbe fare sarebbe l'avvio di una nuova fase statutaria costituente che, scrollando l'inutile spagnolismo, desse motivazione alla stessa Autonomia,

  • Potrebbe essere la soluzione ma questi qui hanno l'autorevolezza per negoziare? Io proporrei di lavorare ad una bozza con tanto di firme di presidenti del consiglio e della Regione se la storia, a cominciare dal disegno di legge postunitario sull'autonomia, non ci mettesse in guardia contro i trucchi.Ritengo più prudente aprire un negoziato realistico per l'attuazione dello statuto attuale che ci porrebbe in una condizione di forza e a ogni nostra concessione( es.i poteri di polizia) potrebbe corrispondere una soluzione a nostro favore dei piunti controversi

  • Penso che da quando l'autonomia statutaria siciliana è nata, ha trovato subito oppositori più o meno occulti che in quello strumento hanno visto un'arma micidiale che se avesse funzionato avrebbe dimostrato politicamente ed economicamente la rivalsa di un popolo che aveva subito una annessione forza ad uno stato che non ha mai riconosciuto come tale. Ma ecco la contraddizione che traspare dall'articolo succitato e dai prsonaggi attori , autori e fautori del fallimento statutario, contraddizione logica del resto in quanto che se questa forma autonomista o meglio federalista è usata dallo stato italiota come arma di ricatto è giusto e sacrosanto che venga abolita. Se per la gestionedi servizi che per le altre regioni sono gestiti dallo stato, si spendono dei soldi che poi non ci vengono rimborsati e che diventano prima crediti e poi debiti inesigibili, allora è meglio che sia lo stato ad occuparsene, non vi pare? Ecco come quel che può sembrare un'arma efficiente diventa un temperino spuntato. E così continua la ruberia dello stato italiota nei confronti della martoriata Sicilia, lo stesso furto perpretrato del danaro e dell'oro custodito dal regio banco di Sicilia, all'atto del l'annessione, anzi della colonizzazione della Sicilia da parte dello stato italiota.

  • In altre regioni l'Autonomia ha funzionato, mentre qui in Sicilia non ha funzionato. La cosa più grave è anche il fatto che parecchi siciliani non sanno nemmeno che la loro regione sia a Statuto Speciale, mentre altri vorrebbero la totale abolizione della stessa, colpevolizzandola tra l'altro di essere la causa di tutti i mali della nostra terra. Cosa non vera, perché se guardiamo altre regioni del sud Italia - a Statuto ordinario - noteremo che sono messe peggio della Sicilia in quanto Camorra, ndrangheta, disoccupazione, migrazione...

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