I giornali riportano grida sempre più allarmate degli imprenditori siciliani di tutti i settori, i costruttori edili, i commercianti, i gestori di servizi e così via. L’allarme è più che giustificato, ma assolutamente inutile se resta tale: quello che accade è il frutto ragionato di un disegno nazionale cui i politici locali messi qui da Roma
Da qualche tempo i giornali riportano grida sempre più allarmate degli imprenditori siciliani di tutti i settori, i costruttori edili, i commercianti, i gestori di servizi e così via. La grande comune preoccupazione è che la Regione non riesce a spendere i soldi che ha, e che non riesce ad ottenere i soldi cui ha o avrebbe diritto. Questa grave situazione, denunciano, ovviamente blocca ogni ipotesi di crescita e di sviluppo.
L’allarme è più che giustificato, ma assolutamente inutile se resta tale: quello che accade è il frutto ragionato di un disegno nazionale cui i politici locali messi qui da Roma, specie nell’ultima tornata elettorale regionale, prestano supina e complice acquiescenza.
La politica del governo nazionale è questa: i soldi, quelli veri, li tengo io e li gestisco io. E’ questo vale come regola generale che investe tutto il territorio nazionale.
La Regione non deve spendere se non per il corrente di sopravvivenza
Ecco spiegato il punto più basso di malfunzionamento della Regione, che è frutto di studio ed agisce come un micidiale acceleratore di vizi antichi. La vorticosa sostituzione operata da Crocetta di decine e decine di assessori e per l’effetto, di direttori, portando inevitabilmente al caos operativo, è il mezzo per raggiungere quel fine. Per quanta grande possa essere la nostra disistima politica per Crocetta, non pensiamo che possa agire così senza pensare alle conseguenze delle sue azioni.
L’interesse dello Stato oggi è quello di non “dispiacersi la Comunità europea”, e quindi di stare dentro i limiti finanziari stabiliti in sede comunitaria e che sono il presupposto sufficiente e necessario per restare in Europa, godere dei vantaggi comunitari e farli godere a tutti quelli che li hanno compresi e che hanno saputo e sanno come coglierli e, addirittura, come crearli (tra questi ultimi per anni e anni non sono state comprese le cariatidi elette dai siciliani al Parlamento europeo, dove si costruiscono le opportunità).
Funzionale a quella priorità, trattandosi di una esigenza di equilibrio finanziario, è dunque la necessità di avere il controllo assoluto dei flussi finanziari e di cassa all’interno del paese,“serrando e disserrando” la saracinesca dei trasferimenti alle realtà locali, regioni ed enti locali che siano.
Ecco perché i soldi dello Stato destinati agli enti sub statali(Regioni ed enti locali) sono come l’ombra di Banquo per Macbeth: compaiono e scompaiono a seconda delle esigenze nazionali e avuto riguardo alle reazioni dei soggetti locali più o meno proni alla politica nazionale(nel senso che chi ha più potere di interdizione nei confronti di Roma ottiene di più,o perde di meno).
Di quale autonomia andiamo cianciando quando l’essenza, il cuore dell’autonomia, la libera disponibilità delle proprie finanze, libera non è perché è in mani altrui? Che cosa fanno di fronte a questo sopruso(storico!) il nostro imbelle e ascaristico governo, i nostri opulenti deputati? Quello che riesce loro meglio: obbedire.
Quindi cari imprenditori, mettetevi in cuore in pace. Se tenete veramente allo sviluppo, al lavoro e alla crescita della Sicilia e volete seriamente concorrere a realizzarli, dovete “prendere in mano la spada e combattendo contro un mare di guai, por fine ad essi”, per dirla con Shakespeare; per dirla in prosa, concorrere a cacciare via questi ascari supini e imbelli e, con autorevolezza e forza, quelle sole che vengono dall’avere le “carte in regola”, come chiedeva Pier Santi Mattarella, ottenere quello che, a differenza che alle altre Regioni lo Stato non ci può negare: i nostri diritti statutari.
Se invece volete ancora una volta patteggiare con questa politica accattona e miserabile, sopravvivere e tirare a campare nei suoi interstizi, accomodatevi sui giornali, prego. Lì troverete sempre spazio per le vostre geremiadi.
Proveremo a farcela senza di voi, anche contro di voi.
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Ottima e puntuale l'analisi dell'autore . Ma sorge spontanea la domanda :
Se le organizzazioni di categoria ( confindustria, con commercio, camere di commercio ) sono controllate da Ascari e collusi . Come la conduciamo la battaglia. Chi non è nel giro viene soppresso con le buone o con le cattive . Quanti esempi ci sono.....
Sabato scorso ho partecipato ad un dibattito tenutosi alla festa dell'unità sul tema dello sviluppo in Sicilia. Sul palco erano presenti diversi rappresentanti della imprenditoria siciliana ed alcuni politici ovviamente del PD. Ciò che è emerso con tutta evidenza è la distanza abissale che esiste tra le esigenze prospettate dagli imprenditori - che hanno parlato di credito, di infrastrutture, di diverso modello di sviluppo - e le risposte dei politici che hanno marcato l'assoluta assenza di una minima capacità progettuale e la totale subalternità alle politiche colonialiste del governo italiano.
A questi politici diciamo che il loro tempo è finito!
A quegli imprenditori che ancora sperano nel miracolo di un governo italiano disposto a spostare enormi risorse dalle regioni del nord alla Sicilia o di un governo siciliano capace di rivendicare gli interessi della Sicilia e dei siciliani, diciamo che non possono aspettarsi nulla ne dai governi italiani (di qualunque colore siano) ne dai politici siciliani che per il loro futuro politico dipendono dalle segreterie romane, fiorentine, milanesi o genovesi.
Occorre convincersi che per uscire dalla spirale del sottosviluppo la Sicilia ha bisogno di misure straordinarie o meglio, come direbbe Draghi, di misure NON CONVENZIONALI che modifichino strutturalmente la sua economia. Queste misure non possono essere prese ne da un governo italiano ne da uno regionale, specie se guidato da forze subalterne alle logiche nord centriche. Soltanto una classe politica rinnovata, indipendente ed indipendentista può avviare un processo che contrapponga gli interessi della Sicilia al colonialismo italiano in una prospettiva che porti la Sicilia a divenire una Nazione Federata o, ancor meglio, uno Stato Indipendente.