terza pagina/ “Per la folla d’Atene era mistero la grandezza di quest’isola…”

12 novembre 2018
La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura

terza pagina

(a cura di Dario Cangemi)

Incipit

Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura.

«Non capisci che tutte le tue parole resteranno stampate a fuoco nella mia memoria e mi divoreranno sempre più a fondo, per l’eternità, quando mi avrai lasciato? Sai di mentire quando dici che ti ho ucciso; e sai che non potrei dimenticare te come non potrei dimenticare la mia esistenza! Non basta a soddisfare il tuo infernale egoismo sapere che mentre tu sarai in pace io mi contorcerò nei tormenti dell’inferno?».

Emily Brontë, “Cime tempestose”.

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Pensieri sparsi

L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.

‘’..curioso, dove i fenomeni del mondo s’incrociano una sola volta, senza ripetizione».

Hermann Hesse, “Demian”

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Eventi e fatti storici

12 novembre 1941 – Seconda guerra mondiale: la temperatura attorno a Mosca scende a -12 °C e l’Unione Sovietica lancia per la prima volta un attacco con truppe sciatrici, contro le forze tedesche “congelate” poco fuori dalla città.

-Andrea De Crescenzo acquista il feudo di Canicattì

Ma anche..

12 novembre 1448

A Salvatore Fulco Palmeri succede il figlio Antonio Palmeri, “milite” (grado iniziale dell’aristocrazia nobiliare). Rimasto senza prole, il 12 novembre, con atto del notaio Piazza di Girgenti, vende il feudo di Canicattì per 250 oz. al nipote Andrea De Crescenzo, che lo tiene sino al 1485.

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Siciliani notevoli da ricordare

Ricordiamo oggi due personalità importanti del meridione:

Pasquale Marco Carcani (Napoli, marzo 1721– Napoli, 12 novembre 1783) , conosciuto anche con il soprannome di Sofista Pericalle, è stato un letterato, filologo e giureconsulto italiano.

Dopo aver studiato grammatica e retorica, iniziò gli studi matematici con il professore di fisica della Regia Università di Napoli Mario Lama e con suo fratello Nicola Maria Carcani (1716-1764), chierico dell’Ordine degli Scolopi e direttore del Collegio reale di San Carlo alle Mortelle. Studiò quindi l’allora dominante filosofia cartesiana e si dedicò spesso alla lettura delle opere aristoteliche in lingua originale, avendo imparato da autodidatta la lingua greca. Studiò poi diritto civile e canonico con Marcello Papiniano Cusano. Con Pio Milante successivamente studiò teologia ed approfondì il diritto canonico. Tra le opere più importanti ricordiamo: Le Antichità di Ercolano;  Componimenti vari per la morte di D. Domenico Jannacone.

Diego Matarazzo

Medico, astrologo, nato a Modica il 12 novembre 1642 morto ivi il 12 novembre 1702. Studiò medicina a Messina e Catania. Esercitò la professione a Modica, e fu amico dell’Ingrassia. Fu Protomedico generale della scuola di medicina, che fondò nella sua città natale.

Autore di De febribus pesticularibus malignis, medica relatio, duodecim problematis controversiis locupletata, 1672, questa opera per la morte del principe di Butera non fu completata per la stampa; Epistola medica, Universae medicinae compendium.

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Viaggio e cultura: il rapporto degli scrittori con la Sicilia

Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.

‘’Correva ancora l’inverno, quando si risvegliava in Atene l’impulso d’imbarcarsi con armamenti più massicci di quelli disposti per Lachete ed Eurimedonte, con cui puntare sulla Sicilia e conquistarla, se possibile. Per la folla d’Atene era mistero la grandezza di quest’isola e il numero preciso delle sue genti, Greci o barbari: e s’ignorava d’addossarsi uno sforzo bellico non troppo più lieve di quello spiegato contro il Peloponneso. Ad una nave mercantile occorrono otto giorni, o poco meno, per effettuare il giro completo dell’isola, la quale, benché di perimetro così ampio, è divisa dal continente da un braccio di mare che non si estende per più di venti stadi…’’.

Tucidide

Abbiamo il piacere di raccontarvi oggi, la spedizione Ateniese in Sicilia e, in particolare, di uno storico ateniese legato alla Sicilia..

La spedizione ateniese in Sicilia — anche seconda spedizione ateniese in Sicilia o grande spedizione ateniese in Sicilia per distinguerla da quella del 427 a.C.— avvenne tra la primavera e l’estate del 415 e quella del 413 a.C. Dopo le prime vittorie ateniesi, che misero in seria difficoltà l’esercito siracusano, le sorti della guerra furono capovolte grazie ai rinforzi spartani sotto il comando di Gilippo. La sconfitta della grande armata di Atene causò la prigionia dei soldati nelle latomie siracusane, costretti a vivere tra stenti e sofferenze sino alla morte; pochi furono i superstiti che riuscirono a ritornare in patria. Il fallimento della spedizione segnò l’avvio del definitivo declino militare e politico di Atene, seguito dal colpo di Stato aristocratico del 411 a.C. e dalla definitiva sconfitta nella guerra del Peloponneso (404 a.C.). In particolare Tucidide, storico ateniese, dedica due libri della sua opera Guerra del Peloponneso proprio alla spedizione ateniese, per sottolineare la grandezza e l’eccezionalità dell’evento. Egli diede così inizio a «un nuovo lavoro, un lavoro sulla Sicilia>> che divenne lo sfondo della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.). Le Vite parallele di Plutarco (in particolare la Vita di Nicia) e la Bibliotheca historica di Diodoro Siculo costituiscono altre importanti fonti sulla grande spedizione in Sicilia

«Era sceso in loro compagnia [dei soldati] anche il resto della gente d’Atene, si può dire in massa: cittadini e forestieri. Quelli del posto accompagnavano per un saluto ciascuno i propri cari: quello un amico, l’altro un parente, l’altro ancora un figliolo. Camminavano, e ad ogni passo si fondeva alla speranza una nota di pianto: negli occhi il quadro superbo della conquista, ma dentro l’angoscia di non rivedere i volti amati, fantasticando su quelle tappe sconfinate di mare che separavano dalla patria la loro meta.»

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La scuola poetica siciliana

La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.

Dal core mi vene

Dal core mi vene

che gli occhi mi tene – rosata:

spesso m’adivene

che la cera ò bene – bagnata,

quando mi sovene

di mia bona spene – c’ò data

in voi, amorosa,

benaventurosa.

Giacomo da Lentini

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Proverbi Siciliani

Il proverbio è la più antica forma di slogan, mirante non già ad incentivare l’uso di un prodotto commerciale, bensì a diffondere o a frenare un determinato habitus comportamentale, un particolare modo di valutare le cose, di interpretare la realtà.

A bon vasceddu nun manca timuni.

A un buon vascello non manca il timone.

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