La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura
terza pagina
a cura di Dario Cangemi
Incipit
Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura.
«Tutte le parole che raccolgo,
Tutte le parole che scrivo,
Devono aprire instancabili le ali,
E non fermarsi mai nel loro volo,
Fino a giungere là dove è il tuo triste, triste cuore, E cantare per te nella notte, Oltre il luogo ove muoiono le acque, Oscure di tempesta o lucenti di stelle».
William Butler Yeats, “Dove vanno i miei libri”
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Pensieri sparsi
L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.
«Immortale è chi accetta l’istante. Chi non conosce più un domani».
Cesare Pavese, “Dialoghi con Leucò”, 1947
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Siciliani notevoli da ricordare
Ricordiamo oggi… Giuseppe Giovanni Battaglia (Aliminusa, 24 giugno 1951 – Aliminusa, 2 novembre 1995) è stato un poeta, drammaturgo e scrittore siciliano. Ha scritto sia in italiano che in siciliano.
Dopo una iniziale ispirazione civile, maturata sul filo dei ricordi dell’ambiente contadino della giovinezza, predilige un intimismo e una introspezione, che al di là di una analisi completamente razionalistica, aprano nuove e più ampie prospettive di ricerca. Le sue opere sono state recensite, tra gli altri, da Pier Paolo Pasolini.
«La terra ia vascia, vascia Signuri, e si zappa calatu; suduri e suduri ca ia megghiu la morti Un ia iocu zappari si la terra ia vascia e lu zapponi‘un sciddica, si la notti lu viddanu si sonna a zappari sempri la terra vascia»
Giuseppe Giovanni Batttaglia, La piccola valle di Alì
Testi poetici di maggior rilievo:
* 1969 – La terra vascia prefazione di Ignazio Buttitta, Palermo. * 1972 – La piccola valle, di Alì, prefazione di Leonardo Sciascia e con un disegno di Renato Guttuso Palermo, Flaccovio, 1972 * 1977 – Campa padrone che l’erba cresce prefazione di Tullio De Mauro, Roma: Bulzoni * 1982 – L’ordine di viaggio, prefazione di Salvatore Silvano Nigro, con tre disegni di Bruno Caruso, Il Bagatto, Roma 1982
* 1982 – Luoghi di terra e cielo, Roma
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Eventi e fatti storici
Pier Luigi Concutelli, terrorista, viene affiliato a Palermo ad una loggia massonica
2 novembre 1975
Pier Luigi Concutelli, terrorista nero appartenente al Movimento Politico Ordine Nuovo, viene affiliato a Palermo ad una loggia massonica che fa capo al Camea (Centro attività massoniche esoteriche accettate), tessera 4070, con sede in Liguria.
Una trama misteriosa continua a legare i nomi di alcuni fascisti palermitani. Quella trama rievocava qualche tempo fa il boss Totò Riina: nelle ultime intercettazioni in carcere, citava il più famoso dei fascisti di Palermo, Pierluigi Concutelli. Diceva al suo compagno di cella: «Stefano Bontate era il capo siciliano della massoneria insieme ad altri due: Concutelli e un altro ricco palermitano». Un accostamento davvero inedito. Bontate, il capomafia di Villagrazia ucciso nel 1981, e Concutelli, il terrorista nero, l’ex capo militare di Ordine nuovo condannato per l’omicidio del giudice romano Vittorio Occorsio. A vent’anni, Concutelli si era trasferito dalla Capitale a Palermo, correva il 1964; nel 1969, veniva arrestato per detenzione di armi e denunciato per aggressioni, violenze e partecipazione a campi paramilitari. Intanto, era diventato presidente del “Fuan” (Il Fronte universitario d’azione nazionale), nel 1976 uccideva a Roma il magistrato che per primo si occupò di P2, neofascisti e servizi deviati. A Palermo, stringeva una grande amicizia con un professore di filosofia dell’istituto privato “Manara Valgimigli”, Francesco Mangiameli, l’ex segretario del “Fronte della gioventù” diventato leader nazionale di “Terza posizione”, uomo di buone frequentazioni massoniche. Misteri su misteri. Alla fine del 1980, Mangiameli viene ucciso da Fioravanti, non è chiaro perché. E la trama si fa sempre più fitta.
Altri accadimenti:
1881
straripamento del fiume Oreto si distruggono gli archivi del cimitero CACD.
1928
eruzione dell’Etna, Mascali completamente sepolta.
1998
Palermo, aperto il sepolcro di Federico II, nessun mistero svelato.
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Viaggiatori in Sicilia
Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. In passato, l’identità univoca dei centri da cui provenivano i viaggiatori, bagaglio e ideale di cultura di cui erano portatori e di cui cercavano conferma in Sicilia, si è scontrata con l’identità plurale dell’isola in cui giungevano, quella pluralità tipica delle periferie e pure delle dimore di frontiera, con il loro intreccio di genti e di culture.
Pasolini in Sicilia per sfidare il tabù del sesso…
Pasolini fa due tappe in Sicilia, a Palermo, emblema di metropoli povera, e a Camporeale, a suo dire capitale della mafia. Non era ancora prevedibile che le fameliche fauci dei boss abbandonassero le trazzere dei feudi per sbranare la città liberty e per brucare nel verdi delle periferie. Altri tristi record criminali avrebbero poi turbato la vita del capoluogo.
In quella Sicilia in bianco e nero, in cui la miseria è scritta nel paesaggio brullo, sui volti sdentati dei contadini e nelle gramaglie delle donne perennemente in lutto, il sesso è ancora tabù. I ragazzini dicono di non sapere come nascono i bambini — nelle parole volano cicogne e Gesù — o fingono di non saperlo; gli uomini si dicono pronti a uccidere per difendere l’onore; i ragazzi inneggiano al gallismo; le donne già nei volti rabbuiati esprimono la loro rassegnazione. Qualcuna azzarda pretese di libertà e uguaglianza, altre si dicono appagate. E Pasolini non approfondisce il ruolo “double face” dell’universo femminile, subalterne fuori e comandiere in casa. Al maschio l’apparente scettro del comando, alle donne le leve dell’economia domestica e, con l’educazione dei figli, il potere di perpetuare i valori e i costumi. Un equilibrio perfetto che il terzo millennio avrebbe stravolto.
Vediamo alcune sequenze. A Palermo scene di ordinaria quotidianità, ragazzini che spingono carretti con la frutta, donne con i capelli raccolti e i bimbi in braccio, uomini poveramente vestiti, strade offuscate dalla polvere (sempre meglio del futuro smog d’auto). Pasolini chiede se è giusto che le donne siano meno libere degli uomini. Lei rabbonisce il bimbo che si dimena tra le sue braccia e dice: «Certo anche la donna dovrebbe essere più libera. Ma siccome qui si usa così non ci facciamo tanto caso. Se la donna diventa libera si lancia e diventa pericolosa».
A Camporeale, nel cuore antico della Sicilia, il quadro è ancora più crudo. Le adolescenti dicono che vivono una vita di recluse; i maschi propongono la doppia morale, donna santa e uomo peccatore; i più giovani confessano che le uniche femmine che possono avvicinare sono le cugine; i fidanzati lamentano che non possono mai stare soli e che per uscire devono subire la scorta di genitori o fratelli. Un giovane di gentile aspetto si dice contrario alla donna che lavora in fabbrica «perché il principale ne approfitterebbe di sicuro». Qualcuno inneggia al delitto d’onore e in tanti — compreso un Ignazio Buttitta a stento riconoscibile — rimpiangono le case chiuse, da poco abolite dalla legge Merlin. Nessuno racconta le tresche segrete tra i campi e le “pagliere”, perché da che mondo è mondo uomini e donne hanno trovato sempre la maniera di viversi.
Sugli “invertiti”, così etichettati nel filmato anche dall’intervistatore, si scatena il disprezzo, in versione maschile e femminile, degli isolani di fronte a un imperturbabile Pasolini, notoriamente omosessuale. Su un problema al tempo spinoso, il divorzio, invece l’Italia intera, dall’Emilia alla Calabria, testimonia una unanime approvazione. Se i politici democristiani e i porporati cattolici avessero riflettuto sulle opinioni espresse nei “Comizi”, avrebbe evitato dieci anni dopo un lacerante — ma liberatorio — referendum.
Dopo le belle città, le colate di cemento, dopo lo sfruttamento giudizioso di terreni e boschi, il saccheggio. Pasolini cattura quella terra di mezzo, al confine: uomini che trebbiano il grano con i muli, pastori bucolici, operai in tuba e con i vestiti della domenica.
Alla fine del viaggio Pasolini, il poeta che nella scomparsa delle lucciole, legge il dissolvimento del mondo contadino, ricco di saggezza, tira le somme. Si convince che nell’Italia divisa in due, nel Nord prevale l’ipocrisia della civiltà e nel Sud la sincerità degli uomini non corrotti dal benessere. E fa una scelta di campo netta: meglio il Sud delle emozioni forti che dice quel che pensa, anche se sono pensieri orrendi, piuttosto che il Nord delle verità paludate. È una sorta di richiamo al buon selvaggio di Rousseau. Un selvaggio che difende il suo imbracciando una lupara.
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Rapporti tra scrittori e la Sicilia
Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.
È questa la patria delle divinità della mitologia greca. Vicino a questi luoghi, Plutone rapì Proserpina alla madre; in questo bosco che abbiamo appena attraversato, Cerere sospese la sua rapida corsa e, stanca delle sue vane ricerche, si sedette su una roccia e, benché dea, pianse, dicono i Greci, perché era madre. Apollo ha custodito le mandrie in queste valli; questi boschetti che si estendono fin sulla riva del mare hanno risuonato del flauto di Pan; le ninfe si sono smarrite sotto le loro ombre e hanno respirato il loro profumo. Qui Galatea fuggiva Polifemo, e Akis, sul punto di soccombere sotto i colpi del suo rivale, incantava ancora queste rive e vi lasciava il suo nome… In lontananza si scorge il lago d’Ercole e le rocce dei Ciclopi. Terra degli déi e degli eroi!
(Alexis de Tocqueville)
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La scuola poetica siciliana
La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.
De le mia disïanza
c’ò penato ad avire,
mi fa sbaldire – poi ch’i’ n’ò ragione,
chè m’à data fermanza
com’io possa compire
[ lu meu placire ] – senza ogne cagione,
a la stagione – ch’io l’averò [‘n] possanza.
Senza fallanza – voglio la persone,
per cui cagione – faccio mo’ membranza.
A tut[t]ora membrando
de lo dolze diletto
ched io aspetto, – sonne alegro e gaudente.
Vaio tanto tardando,
chè paura mi metto
ed ò sospetto – de la mala gente,
che per neiente – vanno disturbando
e rampognando – chi ama lealmente;
ond’io sovente – vado sospirando.
De le mia disïanza Federico II
XIII secolo
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Proverbi Siciliani
Il proverbio è la più antica forma di slogan, mirante non già ad incentivare l’uso di un prodotto commerciale, bensì a diffondere o a frenare un determinato habitus comportamentale, un particolare modo di valutare le cose, di interpretare la realtà.
Malidittu u mummuriaturi, ma chiù assai cu si fa’ mummuriari (Maledetto chi sparla, ma di più chi si fa spralare).
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