La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura
terza pagina
(a cura di Dario Cangemi)
Incipit
Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura
«Non mi sembra inverosimile che in un certo scaffale dell’universo esista un libro totale; prego gli dèi ignoti che un uomo — uno solo, e sia pure da migliaia d’anni! — l’abbia trovato e l’abbia letto. Se l’onore e la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista, anche se il mio posto è all’inferno. Ch’io sia oltraggiato e annientato, ma che un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi».
Jorge Luis Borges, “La biblioteca di Babele”
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Pensieri sparsi
L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.
«La speranza non ha niente a che vedere con l’ottimismo. Non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà».
Václav Have
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Siciliani notevoli da ricordare
Ricordiamo oggi… Giovan Battista Caruso storico, letterato, erudito, abate. Nacque a Polizzi Generosa (Palermo) il 27 dic. 1673, morì l’8 ottobre 1724. Dopo la morte del padre, deceduto a Polizzi il 13 nov. 1679, prese stabile dimora a Palermo con la famiglia, che, appartenente a un antico ceppo trapiantatosi da Napoli in Sicilia nel Trecento e ben presto nobilitato, doveva essere fornita di doviziosa fortuna se l’avo di Giovan Battista, Giuseppe, agli inizi del Seicento aveva potuto comprare la baronia di Xiureni e il primogenito di Placido, Giuseppe Antonio, nel 1689 fu poi in grado di comprare il titolo di principe di Santa Domenica.
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Viaggiatori in Sicilia
Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. In passato, l’identità univoca dei centri da cui provenivano i viaggiatori, bagaglio e ideale di cultura di cui erano portatori e di cui cercavano conferma in Sicilia, si è scontrata con l’identità plurale dell’isola in cui giungevano, quella pluralità tipica delle periferie e pure delle dimore di frontiera, con il loro intreccio di genti e di culture.
Raccontiamo oggi l’avventura dello scrittore e poeta tedesco, Johann Gottfried Seume. Duecento anni fa Johann Gottfried Seume (1763-1810) comincia la sua famosa marcia verso la Sicilia. Un eccentrico che vuol viaggiare liberamente, “senza la prigione della carrozza” e descrive nel suo Spaziergang nach Syrakus im Jahre 1802 (Passeggiata a Siracusa nell’anno 1802) questo insolito tour dell’Italia. Seume proprio perché viaggia a piedi, segue itinerari non convenzionali e sceglie strade che gli consentono di scoprire luoghi che sfuggono ai viaggiatori che percorrono in carrozza le rotte obbligate delle stazioni di posta. Parte da Lipsia a dicembre del 1801, compiendo percorsi medi di circa trenta chilometri al giorno. Con ritmo da marciatore raggiunge Trieste a gennaio, Roma e Napoli a marzo. Dalla Campania si imbarca per Palermo nel mese di ottobre e compie il giro della Sicilia. Ritorna nel capoluogo dell’isola alla fine di aprile.
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Rapporti tra scrittori e la Sicilia
Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.
‘’I siciliani gente acuta e sospettosa, nata per le controversie.’’
(Marco Tullio Cicerone)
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La scuola poetica siciliana
La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.
«Ned a null’omo che sia
la mia voglia diria,
dovesse morir penando,
se non esse il Montellese,
cioè ‘l vostro serventese»
(Rinaldo d’Aquino, Amorosa donna fina)
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