L’udienza preliminare fissata per il prossimo 3 Luglio. Per l’ex deputato le accuse sono pesantissime. Ecco cosa scrivono i magistrati
Per il momento tocca a lui. Dovrà presentarsi dinnanzi al giudice, per l’udienza preliminare, il prossimo 3 Luglio a Trapani, di buon mattino. Parliamo dell’ex deputato, Girolamo Fazio, detto Mimmo, finito nel mirino dei magistrati nell’ambito dell’inchiesta ‘Mare mostrum’, quel “romanzo della corruzione” sul quale stanno indagando diverse Procure che ruota intorno al business dei collegamenti marittimi tra la Sicilia e le sue isole (sotto, in allegato, alcuni articoli sul tema) e che ha travolto le famiglie degli armatori, Morace e Franza. Un vero e proprio vaso di Pandora quello scoperchiato dai giudici da dove traboccano evidenti le commistioni opache tra politica e lobby imprenditoriali.
Fazio non è l’unico politico coinvolto. Con lui sono stati indagati anche l’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta e l’ex sottosegretario, Simona Vicari. Ma nel mare magnum dei sospetti sono finiti tanti altri. Tra questi l’ex assessore regionale ai Trasporti, Giovanni Pistorio e l’ex ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti. Non sono i soli ad essere stati tirati in ballo in questa storia fatta di affari, gestione allegra dei fondi pubblici, monopoli, bandi ritagliati ad hoc, ‘distrazioni’ e ‘amicizie’. Una storia ambientata tra i palazzi del potere siciliani e romani.
Intanto, come detto, tocca a lui, tra i più vicini al gruppo Morace.
Ma di cosa lo accusano, esattamente, i magistrati inquirenti? Abbiamo letto la richiesta del rinvio a giudizio della Procura- firmata dai sostituti, Brunella Sardoni e Franco Belvisi- e quello che c’è scritto è davvero sconcertante. Ovvio che ogni capo d’imputazione dovrà essere sottoposto al vaglio della magistratura giudicante, intanto, però, un’idea possiamo farcela. Non tanto, o meglio, non solo per i reati contestati (pesantissime le accuse), ma perché ci fornisce uno spaccato di quello che succede all’interno dei Palazzi del potere, l’Assemblea regionale siciliana, in questo caso, quella che dovrebbe essere la massima istituzione rappresentativa della democrazia siciliana, lì dove si dovrebbe lavorare nell’interesse dei siciliani. Il sospetto che il modo di agire di Fazio, così come descritto dalla Procura, non riguardi solo lui e non riguardi solo il settore dei trasporti marittimi è fortissimo.
E allora cominciamo a leggere quello che scrivono i Pm, partendo proprio dal ruolo di parlamentare di Fazio, ruolo tradito in pieno con la seguente condotta: “Nel perorare stabilmente e continuativamente presso i vertici esecutivi del Governo regionale (in particolare ma non esclusivamente l’Assessore pro ternpore ai Trasporti e l’Assessore pro tempore al Turismo) gli interessi e le istanze di s.p.a. “Liberty Lines ritenuti oggetto prioritario e criterio guida della propria azione politica, in violazione dell’obbligo su lui gravante ex art. 5 dello Statuto della Regione Siciliana di esercitare le proprie funzioni al solo scopo del bene inseparabile dell’Italia e della Regione”.
I magistrati sono ancora più espliciti: “Nel mantenere, in vista della tutela in sede istituzionale regionale dei privati interessi societari, il Fazio al soldo della società mediante le dazioni di utilità di seguito indicate con ciò orientando l’esercizio della pubblica funzione svolta a difesa delle ragioni commerciali ed industriali della società tanto da interferire, condizionare e etero dirigere, in relazione a talune scelte, la linea politica dello stesso deputato”.
Delle dazioni di utilità si è ampiamente parlato: macchine, biglietti di aliscafi, finanziamenti della campagna elettorale, assunzioni, ecc…. Questo quello che mettono nero su bianco i magistrati e questo è quello che è venuto fuori.
Quindi, disegni di legge ad hoc, incontri con i vertici della Regione da lui promossi, e non solo. Fazio si sarebbe dato da fare anche “nell’individuare e contattare anche figure politico – istituzionali di livello nazionale presso cui intercedere per la tutela degli interessi di s.p.a. “Liberty Lines” organizzando incontri riservati con il Morace”. Lo abbiamo già detto: questa storia si dipana lungo l’asse Palermo-Roma.
Sempre e comunque nel nome dei Morace, secondo l’atto di accusa della Procura. Anche la dura opposizione “alla ventilata nomina di Prestigiacomo Giuseppe – soggetto inviso al Morace – quale consulente dell’Assemblea Regionale in materia di trasporto marittimo”.
Corruzione e traffico di influenze. Accuse che hanno portato anche al sequestro di alcuni beni dell’ex deputato trapanese.
C’era, dunque, secondo la Procura, un filo diretto tra Morace e Fazio che non solo ‘lavorava’ per preservare gli interessi dell’armatore, ma gli assicurava anche “un continuo servizio di informazione aggiornamento delle iniziative dell’Ars o del Governo che potevano direttamente o indirettamente avere influenze sulla condizione societaria”.
Anche dalle stanze della Commissione Antimafia di cui Fazio era componente e i cui atti sono riservati. E’ il caso delle foto mandate via What’s up a Morace di alcuni esposti anonimi pervenuti nella primavera del 2016 su “asserite condotte illecite commesse da Morace quale amministratore della Liberty Lines”. Scrivono i magistrati: “... componente della Commissione Regionale Antimafia e, dunque in quanto tale, pubblico ufficiale, violando i doveri di riservatezza e di tutela del segreto di quanto appreso in forza degli incarichi assunti e comunque abusando della sua qualità di membro della indicata Commissione, rivelava informazioni destinate a rimanere segrete e segnatamente il contenuto degli esposti anonimi pervenuti alla predetta Commissione…”.
Non mancano minacce, va da sé verbali, ai dirigenti che di discostavano dalla linea Morace (“La pagherete cara. è solo questione di tempo”). E pressioni di ogni tipo e in qualsiasi sede per garantire all’armatore acquisto di immobili pubblici, ad esempio.
Una paragrafo parla anche di Raffaele De Lipsis, magistrato amministrativo in quiescenza, già Presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia:
“FAZIO Girolamo, DE LIPSIS Raffaele e MORACE Ettore (nei confronti del quale si procede separatamente)
B) per il reato di cui agli artt. 81 cpv. 11O – 346 bis c.p. in quanto agendo in concorso fra di loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso nelle rispettive qualità il Morace di amministratore delegato di s.p.a. “Liberty Lines” (già s.p.a. “Ustica Lines”), società il cui ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia – sez. Palenno contro il provvedimento di annullamento in autotutela della dott.ssa Dorotea Maria Piazza di cui al capo che precede del 4/12/2015 era stato rigettato con sentenza del 2l/2/2017, come tale co – ideatore e comunque co – detenninatore della condotta di seguito descritta, il Fazio di soggetto strettamente legato al Morace ed alla di lui famiglia e con conoscenze e relazioni nel mondo degli operatori della Giustizia amministrativa ed anch’egli quale co – ideatore e co – detenninatore della condotta di seguito descritta, promettevano al De Lipsis, magistrato amministrativo in quiescenza, già Presidente del Consiglio di Giustizia Alm11inistrativa della Sicilia – Palermo ed esecutore materiale della condotta di seguito descritta, danaro e altro vantaggio patrimoniale (ad es. biglietti a titolo gratuito sui mezzi navali della società) quale prezzo della sua illecita mediazione verso i Giudici componenti il collegio del. Consiglio Giustizia Amministrativa della Sicilia che avrebbe trattato, all’udienza del 10/5/2017, il ricorso innanzi a tale organo giudicante di secondo grado avverso la citata sentenza del T.A.R. – sez. Palenno, in particolare affinché costoro – che venivano indebitamente contattati in modo ripetuto dal De Lipsis che, sfruttando le relazioni di conoscenza personale esistenti con gli ex colleghi, esercitava sui medesimi continue pressioni in special modo sul presidente dott. Claudio Zucchelli (cui il De Lipsis chiedeva altresì di intercedere presso il giudice Giulio Castriota Scandeberg), sui giudici Nicola Gavano e Giuseppe Barone – accogliessero il ricorso presentato dalla predetta società”.
Insomma, c’è di tutto in questa inchiesta. Che, come è facile immaginare, potrebbe dare fastidio a tanti, in diversi ambienti e a tutti i livelli.
Quello che è certo è che tutto si è svolto nel nome degli affari. Fatti con i soldi pubblici. E con la complicità di una politica affarista e a tutto dedita tranne che a perseguire gli interessi della Sicilia.
Un quadro desolante che solo i magistrati, per quello che ci risulta, tentano di ripulire, quando è ovvio che una pulizia vera andrebbe fatta anche dall’interno. Invece pare che la politica sul caso abbia scelto il silenzio. Al di là di qualche dichiarazione di rito affidata alle agenzie di stampa quando il clamore di un avviso di garanzia era troppo forte.
Adesso la giustizia deve fare il suo corso e dovremo attendere le conclusioni del processo per stabilire quali reati sono stati commessi e quali no. Certamente, le responsabilità, per chi esercita un ruolo pubblico, non sono mai solo penali e non possono riguardare un solo individuo.
Per essere più chiari: è credibile pensare che Fazio da solo riuscisse a preservare gli interessi dei Morace?
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