La grande manifestazione di Licata contro le trivelle suona come una lezione di vita politica per il Movimento 5 Stelle. La contestazione al parlamentare nazionale grillino, Michele Sodano, ci dice che la scusa che “i permessi li ha firmati il Governo Renzi” non funziona. Ci sono cose che i Ministri grillini possono bloccare, anche – anzi soprattutto – andando allo scontro con le burocrazie ministeriali. Referendum per le trivelle di Licata e Gela
La manifestazione anti-trivelle di Licata segna un punto importante in favore del movimento di cittadini che si batte per la tutela del mare. E diciamo subito che, nonostante la presenza dei soliti ‘sciacalli’ della vecchia politica, la protesta contro chi sta ‘spirtusando’ il mare in cerca di idrocarburi nasce dal cuore della società civile della nostra Isola, non certo dalla politica.
Visto che oggi certi politici fanno finta di non ricordare e si auto-proclamano difensori dell’ambiente ricordiamo qual è la situazione in Italia. E, soprattutto, chi ha autorizzato i permessi di ricerca e di coltivazioni di idrocarburi nel nostro Paesi, in terra e in mare. La situazione la potete osservare nella foto sotto a destra. Come potete vedere, in un Paese che dovrebbe puntare sull’energia solare e sull’energia eolica ci sono invece pozzi di petrolio a terra già operanti, pozzi di petrolio a terra in attesa di permessi, piattaforme in mare già operanti e piattaforme in mare in attesa di permesso nel mare Adriatico, nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia.
A questi si sommano i permessi di ricerca. E su questo fronte – la concessione di nuovi permessi di ricerca con tecniche che provocano danni all’ecosistema marino – spicca il Governo nazionale di Matteo Renzi. Il PD è il partito che ha le maggiori responsabilità sul fronte delle trivelle. E’ stato questo partito, nel 2016, a guidare il fronte dell’astensione per far fallire il referendum sulle trivelle (COME ABBIAMO RICORDATO NEI GIORNI SCORSI IN QUESTO ARTICOLO).
Ricordiamo che il referendum per bloccare le trivelle in mare, nella primavera del 2016, è fallito per il mancato raggiungimento del quorum. Ma i cittadini che sono andati a votare, hanno votato quasi tutti no alle trivelle. A far fallire il referendum – questo dobbiamo dirlo per onestà di cronaca – non è stato solo il PD, ma anche altre forze politiche: per esempio, il centrodestra.
In Sicilia – sempre per citare un esempio concreto – l’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) – non si è impegnata per il referendum anti-trivelle. Qualche sindaco sindaco, nei mesi precedenti il referendum del 2016, ha partecipato a qualche manifestazione.
Ma alla grande manifestazione del 30 marzo 2016 in favore del referendum anti-trivelle – e noi c’eravamo – non c’era un solo gonfalone comunale: i sindaci siciliani di centrosinistra e di centrodestra non hanno partecipato al corteo che sfilò per le vie di Palermo. Questi sono i fatti.
Non ricordiamo, sempre per citare un altro esempio, di aver visto accanto ai No Triv l’onorevole Carmelo Pullara, che oggi si accredita come No Triv. Se oggi la pensa così non possiamo che essere felici, ma nella primavera del 2016 né lui, né il suo partito – i ‘presunti autonomisti’ dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, erano tra i No Triv.
Anzi, se proprio vogliamo essere precisi, ricordiamo che è stato proprio il Governo regionale Lombardo a firmare l’autorizzazione per la realizzazione del rigassificatore a Porto Empedocle: opera folle, per fortuna oggi bloccata, ma che è stata autorizzata da un Governo regionale del quale assessore era Gaetano Armao, oggi vice presidente della Regione e assessore all’Economia: vice presidente e assessore dell’attuale Governo Musumeci che, non a caso, si guarda bene dal dire no alle trivelle.
I grillini, infine. E’ stata la base di questo Movimento a sollevare il problema, perché i grillini oggi al Governo dell’Italia se è vero che non hanno autorizzato nuovi permessi di ricerca di idrocarburi – come ha detto il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa – è anche vero che non hanno bloccato le autorizzazioni firmate dal Governo Renzi.
Su questo punto va detta una verità. E’ vero che il Ministro Costa ha trovato tante, troppo autorizzazioni firmate dai Governi a guida PD. Ma i grillini oggi al Governo dell’Italia si debbono convincere che mediare con il vecchio sistema è una scelta politica perdente, perché li allontana dai territori che fino ad oggi li hanno sostenuti ed eletti.
Noi sappiamo benissimo che i burocrati del Ministeri – tutti esponenti del vecchio sistema politico – terrorizzano i Ministri grillini dicendogli un giorno sì e l’altro pure:
“Questo non si può toccare, perché sennò succedono cataclismi economici e finanziari, questa autorizzazione ormai è firmata e non si può tornare indietro, quest’opera ormai è iniziata e non si può bloccare” eccetera eccetera.
Detto questo, se i Ministri grillini – come hanno fatto con le trivelle – non andranno allo scontro su tutto, mettendosi contro gli alti burocrati dei Ministeri, a cominciare dal Ministero dell’Economia e dal Ministero dell’Ambiente, sono destinati a perdere il contatto con la società civile.
L’esempio l’hanno avuto a Licata, dove nel corso della manifestazione No Triv – peraltro molto partecipata dai cittadini – il parlamentare nazionale del Movimento 5 Stelle, Michele Sodano, è stato duramente contestato. E la contestazione – così ci hanno raccontato – si è alzata di tono quando Sodano ha provato a giustificarsi e a giustificare i tentennamenti dell’attuale Governo nazionale sulle trivelle, dicendo che si tratta di permessi firmati dal Governo Renzi.
Il grillini al Governo, sulle trivelle, sono stati contestati due volte. Quando il Ministro dell’Ambiente, Costa, ha tentennato un po’ e durante la manifestazione di Licata. E che le contestazione siano state giuste l’ha dimostrato lo stesso Ministro Costa, che all’inizio, come già ricordato, ha tentennato un po’, probabilmente tirato per la giacca dai burocrati ministeriali, e poi, quando è esplosa la contestazione della base, ha corretto il tiro, cominciano a bloccare quello che poteva bloccare.
Ribadiamo: i grillini che oggi governano si debbono mettere in testa che devono andare allo scontro con le burocrazie ministeriali, anche a costo di sostituire una parte di questo personale, come del resto, se non ricordiamo male, ha ipotizzato lo stesso vice premier, Luigi Di Maio.
Quanto alle trivelle che scorrazzano nel mare che si distende tra Licata e Gela, va detto che la battaglia ancora non è vinta. E un modo per vincerla c’è. Il leader della Lega, Matteo Salvini – che si spaccia per nuovo, ma che in realtà è legato a doppio filo ai poteri forti che prima hanno sostenuto Renzi e che oggi hanno scelto lui per continuare a tartassare l’Italia con le scelte economiche liberiste – per salvare la TAV ha proposto il referendum locale.
Bene. Se per la TAV i leghisti propongono un referendum, anche per le trivelle di Licata e Gela – e, in generale, per tutte le trivelle che imperversano nel Canale di Sicilia, nello Ionio e nell’Adriatico, si può utilizzare lo stesso metodo: referendum locali.
Democrazia diretta: lasciamo decidere ai cittadini cosa fare del proprio mare. Non siamo mai d’accorto con la Lega, ma stavolta Salvini ci ha convinti.
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