L’antimafia pirandelliana, ovvero l’antiracket che chiede il ‘pizzo’…

30 ottobre 2018

Quello che viene fuori in queste ore da un’inchiesta a Catania è una storia paradossale. Ma, ragionando, è la stessa storia che la Sicilia vive dalla fine degli anni ’80 del secolo passato, quando alla finta antimafia politica si unisce la finta antimafia sociale. Confindustria Sicilia di Antonello Montante non nasce dal nulla, ma è il prodotto di un inganno che ancora continua, nella politica e nella società della Sicilia  

Per ora ci sono arresti. Il seguito di questa storia chiarirà meglio che cosa è avvenuto. Ma dalle prime battute siamo davanti a una vicenda che non è esagerato definire paradossale, quasi pirandelliana: il protagonista di un’Associazione antiracket che finisce agli arresti per falso ideologico e peculato. Indagato, anche, leggiamo su La Sicilia on line, “per estorsione continuata nei confronti di alcune vittime del racket che avevano richiesto accesso allo specifico fondo di solidarietà statale”.

Una conferenza stampa, prevista i tarda mattinata, chiarirà i contorni di questa ennesima storia di malaffare all’insegna della ‘legalità’.

Proprio in questi giorni si celebra il processo ad Antonello Montante, l’ex presidente di Confindustria Sicilia che, appena qualche anno fa, era considerato il paladino dell’antimafia. Come dimenticare gli anni in cui Montante e i suoi amici distribuivano ‘patentini’ di antimafiosi a destra e a manca?

La lotta alla mafia di qua, la lotta alla mafia di là, indietro non si torna, la legalità, i protocolli antimafia con i Prefetti: di tutto e di più. Sceneggiate a mai finire e, dietro, grandi affari: commesse, appalti, acqua, rifiuti e via continuando.

Oggi le cronache ci raccontano di un’Associazione antiestorsione che ne combinava di cotte e di crude. Ribadiamo: in questi casi è bene attendere non soltanto l’esito delle indagini, ma anche il finale di eventuali processi.

Ma alcune considerazioni ci sembrano quasi obbligatorie. Non su questa storia, ma sull’atmosfera che si respira i Sicilia dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo passato. Quando, ad esempio, gli appalti venivano gestiti dai mafiosi con il ‘bollino’ del parastato. O quando a palermo, in piena ‘Primavera’, si scopre che Vito Ciancimino continuava a controllare i grandi affari della città.

Insomma, quello che succede oggi con i “Professionisti dell’antimafia” finiti alla sbarra ha una propria storia, e affonda le radici in un’antimafia politica che non sempre è stata seria.

Dal 1962 al 1976 – anni in cui operò la prima commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia – le speculazioni politiche erano all’ordine del giorno. C’era, è vero chi, dai banche del Parlamento nazionale, cercava di combattere la mafia. Ma c’era anche chi utilizzava le polemiche su mafia e antimafia per eliminare avversari politici. 

I democristiani e i comunisti, in questo particolare sport tutto italiano, erano maestri insuperabili. Accuse da una parte e dell’altra, quasi sempre senza prove. In qualche caso c’erano indizi seri, in altri casi solo chiacchiere.

Da ricordare il ‘cannibalismo’ dentro la Dc siciliana, dove, in alcuni casi, i colpi bassi, tra esponenti dello stesso partito, erano una mezza prassi quando c’erano di mezzo poltrone e candidature.

Insomma, quando, nel 1988, lo scrittore Leonardo Sciascia scrisse il celebre articolo sui “Professionisti dell’Antimafia”, il terreno, in Sicilia, era stato ben ‘arato’ dalle maldicenze. E dai profittatori.

Perché se le accuse di mafia potevano servire per eliminare avversari politici, ebbene, potevano servire pure per fare veloci carriere politiche. E così, in alcuni casi, è stato. 

Perché stupirsi se, dalla politica, l’uso disinvolto della finta antimafia – dell’antimafia di facciata – sia arrivata a pervadere anche altri ‘gangli’ della società?

Se sbandierando la finta antimafia da politico si facevano soldi e carriere, perché non farlo pure in altri settori della vita pubblica?

Forse il salto di qualità, ovvero il momento i cui le antimafie si fondono in un progetto politico è il 2008, quando si prepara il Governo regionale del ribaltone.

Nel 2009 l’antimafia politica del centrosinistra si unirà all’antimafia di Confindustria Sicilia. Quest’ultima organizzazione entrerà nel Governo regionale con un proprio rappresentante.

Nel 2012, alle elezioni regionali siciliane, antimafia politica del centrosinistra e l’antimafia di Confindustria Sicilia vinceranno le elezioni. A stento, certo, con l’appoggio di una parte di ex democristiani e con mezza Forza Italia: ma vinceranno. E governeranno.

E, benché azzoppata, questa ‘temperie’ è ancora oggi presente, se è vero che nell’attuale Governo regionale ci sono personaggi che, a vario titolo, hanno fatto parte dei due Governi regionali precedenti.

Che significa questo? Che la lotta per liberare la Sicilia da questi soggetti è ancora lunga.

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