Passata la sbornia elettorale, cominciano i veri problemi. Con il nuovo presidente, Nello Musumeci, alle prese con un sostanziale default della Regione. E siccome il coltello dalla parte del manico ce l’ha Roma, che con l’ex assessore-commissario Baccei ha svuotato le ‘casse’ regionali, ecco l’apertura dello stesso Musumeci al PD. Il ‘caso’ degli operai forestali della Sicilia. I ‘grandi risultati’ ottenuti da Sicilacque spa
C’è chi è rimasto un po’ stupito dall’apertura del nuovo presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, al PD. Non è il nostro caso: infatti, da quando I Nuovi Vespri sono in rete – e ormai sono passati due anni – uno degli argomenti sui quali ha informato con dovizia di particolari i propri lettori sono i conti regionali.
Nel corso di questi ventiquattro mesi abbiamo più volte scritto del primo ‘Patto scellerato’ firmato da Renzi e Crocetta ne giugno del 2014: accordo-capestro con il quale il Governo Crocetta-PD ha regalato allo Stato circa 5 miliardi di euro frutto di sentenze della Corte Costituzionale favorevoli alla Regione siciliana.
Sul secondo ‘Patto scellerato’, che risale al giugno dello scorso anno, siglato sempre tra l’allora capo del Governo nazionale e l’allora presidente della Regione, il titolare di questo blog, Franco Busalacchi, ha anche scritto un’inchiesta in tre puntate (CHE POTETE LEGGERE QUI SE ANCORA NON L’AVETE LETTA).
Finite le elezioni regionali di una settimana addietro – vinte dal centrodestra tra ‘impresentabili’ e chissà grazie a cos’altro ancora – emergono i veri problemi, a cominciare dal sostanziale default, anche se non dichiarato, della Regione siciliana.
I nostri lettori ricorderanno i manifesti elettorali grotteschi diffusi dal PD siciliano ad agosto scorso. Ne citiamo, in particolare, uno:
“Bilancio regionale risanato? Fatto!”.
Sapendo di avere svuotato le ‘casse’ della Regione siciliana grazie al costante depauperamento dei conti regionali ad opera del commissario di Renzi nell’Isola, Alessandro Baccei, i ‘compagni’ del PD siciliano, tre mesi addietro, mettevano le mani avanti per provare a nascondere le proprie responsabilità.
Avendo fatto scrivere ad agosto sui manifesti di aver ‘risanato’ il Bilancio regionale, i ‘compagni’ del PD pensano che nessuno gli chiederà conto e ragione degli scippi finanziari romani che hanno avallato.
In un certo senso hanno ragione. Musumeci è stato eletto governatore dell’Isola lo sorso 5 novembre e, fino ad oggi, non ha pronunciato una sola parola sulla sostanziale bancarotta non dichiarata della Regione siciliana.
Anzi, come già accennato, Musumeci ha aperto al PD. Perché?
Le motivazioni sono almeno due.
La prima è che, a Roma, è già operativa un’alleanza strisciante tra Renzi e Berlusconi, che si è sostanziata nell’approvazione del Rosatellum, la nuova legge elettorale per Camera e Senato: legge elettorale che, nelle intenzioni di centrodestra e centrosinistra, dovrebbe non fare vincere le elezioni politiche nazionali al Movimento 5 Stelle.
La seconda motivazione è legata al fatto che Musumeci – che conosce benissimo il disastro finanziario in cui versa la Regione siciliana – sa che, fino a marzo, avrà come interlocutore un Governo nazionale di centrosinistra. E siccome le ‘casse’ della Regione sono vuote, Musumeci sa bene che il Bilancio regionale 2018 potrà essere approvato dalla nuova Assemblea regionale siciliana solo se Roma erogherà alla Sicilia ameno una minima parte delle risorse finanziarie che ha scippato indebitamente alla Regione.
In questa fase il coltello dalla parte del manico, come si usa dire dalle nostre parti, ce l’ha il Governo nazionale. E l’esecutivo Gentiloni non è nato da un accordo tra centrodestra e centrosinistra: tale accordo si dovrebbe materializzare dopo le elezioni politiche nazionali se, com’è probabile, nessuno dei tre poli (centrodestra, centrosinistra e grillini) conquisterà la maggioranza dei seggi in Parlamento.
In questo momento comanda Gentiloni che, peraltro, è anche piuttosto autonomo da Renzi: cosa, questa, che rende ancora più debole Musumeci.
Al di là dei beffardi “conti a posto” ereditati da Baccei, il nuovo presidente della Regione si trova seduto su una polveriera economica e sociale.
Le nove Province, che il prossimo anno dovrebbero addirittura rieleggere i presidenti – sono tecnicamente fallite. I soldi per pagare i circa 6 mila e 500 dipendenti non ci sono. E non ci sono nemmeno i soldi per la manutenzione delle strade provinciali, quasi tutte abbandonate.
Per non parlare della manutenzione degli edifici scolastici – competenza che era delle ormai ex Province – di fatto ‘scaricata’ sui presidi, che fanno quello che possono utilizzando, spesso, i fondi che dovrebbero servire alla didattica! Può sembrare una follia, ma è quello che sta succedendo.
Non va meglio ai Comuni dell’Isola, i cui sindaci non sanno più quali tasse e quali imposte locali inventarsi per giustificare i tagli del Governo nazionale alla Regione e agli stessi Comuni.
Invece di fornire servizi ai cittadini (ormai le amministrazioni comunali siciliane che hanno abbandonato anziani, disabili e, in generale, categorie deboli non si contano più), i Comuni riempono le città siciliane grandi e piccole di ZTL, autovelox, balzelli a carico degli ignari turisti e aumento di tutte le tasse e le imposte possibili e immaginabili.
Ma tutto questo ormai non basta più. Ormai la Regione siciliana bancomat del Governo nazionale è ai minimi termini. A Palermo, ad esempio, nonostante l’elevata pressione fiscale messa in atto dall’amministrazione comunale di Leoluca Orlando, l’AMAT – l’Azienda per il trasporto pubblico dei passeggeri – è quasi arrivata al capolinea… (COME POTETE LEGGE QUI).
Non va meglio in quasi tutti gli altri Comuni dell’Isola. Tra Fondo regionale delle Autonomia locali, Fondo per il precariato e Fondo per i pagamento delle rate dei mutui, la Regione, quest’anno, avrebbe dovuto erogare ai Comuni oltre 650 milioni di euro. Allo stato attuale – e siamo già a metà novembre – ha erogato, sì e no, 50 milioni di euro!
Pensate: 50 milioni di euro a quasi 400 Comuni in un anno: praticamente nulla! Questa è l’eredità di Baccei il ‘risanatore dei conti’…
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: le strade cittadine sono abbandonate e, oltre ad essere in buona parte dissestate, si allagano ad ogni pioggia di media entità: piogge presentate come “bombe d’acqua” per giustificare gli effetti della mancata manutenzione delle stesse strade e, in generale, dell’ambiente.
In molte città dell’Isola non si effettuano più le potature e i rami cadono dove capita e se ancora qualcuno non ci ha lasciato la pelle è solo per questione di fortuna.
Non parliamo dell’immondizia che ristagna nelle strade: altro problema aggravato dalle speculazioni dei ‘Signori delle discariche’.
Disastrosa la gestione dell’acqua. Le piogge non mancano, come stiamo vedendo in questi giorni. Ma quasi tutte le circa 50 dighe della nostra Isola versano in pessime condizioni strutturali. Così, per scongiurare altri pericoli, molte dighe, dopo le piogge, vengono svuotate. E’ incredibile, ma è così.
Se lo svuotamento è eccessivo, o se si rompe una conduttura, pur in presenza di dighe e di piogge, in alcuni centri abitati manca l’acqua!
Ci sarebbe da chiedersi – bisognerebbe chiederlo a Berlusconi che governava l’Italia tra il 2001 e ilo 2006 – a cosa sia servito cedere gratuitamente, per decenni, il cosiddetto ‘Sovrambito’ idrico della Sicilia (dighe, acquedotti e reti idriche) a una società privata – Sicilacque spa – che avrebbe dovuto affrontare i risolvere i problemi strutturali di questo settore.
Dopo oltre dieci anni la situazione del ‘Sovrambito’ idrico siciliano è la stessa, se non peggiorata. L’unico dato certo è che le ‘bollette’ dell’acqua, in Sicilia, sono aumentate: in alcuni casi raddoppiate, in altri casi quadruplicate.
In tutto questo Sicilaque spa ha anche utilizzato i fondi europei destinati alla Sicilia, mentre il referendum del 2011, che prevede il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua, è finito sotto i piedi del Governo Renzi e, in Sicilia, sotto i piedi del Governo Crocetta-PD. La sinistra…
E degli operai della Forestale ne vogliamo parlare? Roma ha scippato alla Regione siciliana i soldi – cioè le tasse pagate dai siciliani! – con i quali questo personale veniva retribuito.
Per giustificare questo scippo la ‘macchina della disinformazione’, in funzione da almeno due anni, getta fango su questo personale dipinto come “inutile”. Tanto inutile che, la scorsa estate, proprio a causa della mancata prevenzione degli incendi – prevenzione degli incendi delegata a questo personale rimasto a casa – 20 mila ettari di verde sono stati ‘inghiottiti’ dal fuoco.
Pensate: 20 mila ettari di boschi bruciati solo in Sicilia! E di questa storia non si sa nulla. Tutto ‘normale’. Nessuna responsabilità da parte dei Governi nazionale e siciliano (e guadagni ingenti per i privati che gestiscono il servizio dei Canadair, gli aerei anfibi che la scorsa estate – di fatto è stato così – si sono sostituiti agli operai della Forestale della Sicilia avviati al lavoro non nei primi giorni di aprile per effettuare la prevenzione degli incendi, ma a fine giugno-primi di luglio, quando il fuoco ormai la faceva da padrone).
La disastrosa stagione dei boschi siciliani si è chiusa con il Governo regionale uscente che, a pochi giorni dal voto per le elezioni regionali, ha annunciato l’aumento in busta paga degli ormai soliti 80 euro (numero magico per il centrosinistra renziano).
Peccato che, subito dopo le elezioni, in alcune aree della Sicilia gli operai forestali sono stati sospesi dall’attività e rischiano di non finire nemmeno i giorni lavorativi per accedere all’indennità di disoccupazione!
Per pagare questo personale, visto che non ci sono più fondi regionali, bisogna attingere da fondi nazionali. Morale: Musumeci, anche per questo personale, deve rivolgersi a Roma.
Non solo. L’aumento di 80 euro in busta paga dovrà essere erogato, a partire dal prossimo anno, dallo stesso Governo Musumeci che, in questo momento, non sa dove trovare i soldi per approvare il Bilancio regionale 2018…
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