Ancora analisi sulle semole: le uniche senza glifosato sono quelle del Sud

10 novembre 2017

Le analisi promesse da GranoSalus e da I Nuovi Vespri, questa volta, sono state effettuate su sette semole di grano duro commercializzate dal gruppo Casillo. Marcatore preso in esame: il glifosato. L’unica semola che non contiene questo erbicida è prodotta del Mezzogiorno d’Italia 

“Che tipo di semole di grano duro il gruppo Casillo propone ai consumatori? Oggi GranoSalus e I Nuovi Vespri rispondono a questa domanda pubblicando i dati delle analisi su sette linee di semole di grano duro commercializzate dal più importante gruppo commerciale italiano in materia di cereali e suoi derivati: il già citato gruppo Casillo”.

Si apre così l’articolo pubblicato da sito di GranoSalus che annuncia i risultati delle analisi su sette marche di semola commercializzate dal gruppo Casillo che, per la cronaca, è un gruppo imprenditoriale pugliese che opera, a livello nazionale e internazionale, in vari settori legati alla commercializzazione e alla trasformazione dei cereali. Al gruppo Casillo fanno capo industrie molitorie, centri per lo stoccaggio dei cereali e, in generale, altre attività connesse al mondo della cerealicoltura.

Le analisi rientrano nella battaglia in favore del grano duro del Sud Italia portato avanti da GranoSalus e da I Nuovi Vespri.

Ricordate che questa battaglia riguarda tutti noi. Perché nessuno ci informa – soprattutto nella nostra Isola, dove l’Istituto Zooprofilattico della Sicilia, ibrido tra Ministero della Salute e Regione siciliana, è un pianeta a sé che non comunica con il resto del mondo – sulla qualità delle farine e delle semole.

Qualcuno ci informa su che tipo di farina si utilizza in Sicilia per fare il pane, le pizze e via continuando?

“Su sette linee di semole analizzate – leggiamo sul sito di GranoSalus – sei risultano contaminate da glifosate (o glifosato ndr), mentre una linea risulta senza glifosate, quella con grano 100% pugliese. E’ la conferma della superiorità del grano del Mezzogiorno!”.

Per la cronaca, lo scorso 28 ottobre GranoSalus e I Nuovi Vespri hanno reso noti i risultati delle analisi di 14 marche di semola rimacinata di grano duro che presentano tracce di glifosato, il diserbante del quale si parla molto in questi giorni, se è vero che la UE deve decidere se prorogarne l’uso o bandirlo dalla farmacopea agricola europea (QUI L’ARTICOLO SULLE ANALISI SU 14 MARCHE DI SEMOLA RIMACINATA).

Oggi, come già ricordato, pubblichiamo i dati realitivi alle analisi su sette linee di semola di grano duro commercializzata dal gruppo Casillo. Anche in queste analisi il marcatore preso in esame è il glifosato.

Ecco qui di seguito i dati della Selezione Casillo pubblicati da GranoSalus:

Semola d’autore pizze: presenta 0,132 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola rimacinata: presenta 0,112 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola d’autore biscotti: presenta 0,087 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola pane e pasta: presenta 0,071 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola pasta: presenta 0,067 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola 100% grano italiano: presenta 0,017 milligrammi per chilogrammo di glifosato;

Semola Primeterre 100% Puglia: non presenta tracce di glifosato”.

Dai dati delle analisi viene fuori che l’unica semola del gruppo Casillo che non presenta tracce di glifosato è quella prodotta con il grano duro pugliese al 100%.

Di fatto, si dimostra la tesi che GranoSalus e I Nuovi Vespri ripetono da sempre: e cioè che nel grano duro prodotto nel Sud Italia e maturato al sole del nostro Mezzogiorno non si trova il glifosato.

“Anche nella semola Casillo 100% grano italiano non dovrebbe trovarsi il glifosato – si legge sempre nell’articolo pubblicato dal sito di GranoSalus -: e invece c’è. Forse perché questa semola subisce un trattamento diverso? Forse perché viene miscelato con altri grani? O forse perché subisce contaminazioni crociate durante la trasformazione? A queste domande dovrebbe rispondere lo stesso gruppo e, naturalmente, l’ente di certificazione CSQA”.

Attenzione: queste analisi, o meglio, i risultati di questa analisi riguardano anche la Sicilia. Perché noi, nella nostra isola, non sappiamo che farina viene utilizzata. Nessuno ci informa.

Da legge anche:

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