Il problema non riguarda solo la varietà Tumminìa o Timilia, ma anche le varietà Strazzavisazzi e Maiorca. Il silenzio della politica siciliana è rotto solo da un’interpellanza presentata dalla parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Angela Foti
“Una vicenda paradossale, quella denunciata nelle ultime ore da molte aziende siciliane, raggiunte da una lettera di diffida nella quale la società veronese Terre e Tradizioni Srl segnala che la denominazione Timilia è un marchio registrato, e quindi a voler cessare con effetto immediato l’ utilizzo dello stesso marchio”.
Così si esprime la parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Angela Foti, unica voce politica in un mare di silenzio. Quello che sta succedendo ve l’abbiamo raccontato ieri (in questo articolo): i soli ‘predoni’ hanno fiutato il grande affare dei grani antichi della Sicilia e vorrebbero metterci il ‘cappello’: ancora non siamo al divieto di coltivare le tre varietà di grani antichi coinvolti in questa storia – Tumminìa o Timilia, Strazzavisazzi e Maiorca – ma al semplice divieto di utilizzare il nome di questa varietà: ma è già un passo avanti – grave – vero il tentativo, già in atto, di scippare alla Sicilia le grandi opportunità economiche offerte dai grani antichi che tanti agricoltori siciliani, detto per inciso, non conoscono ancora.
I grani antichi – con riferimento ai grani duri – producono meno delle cultivar tradizionali. Ma si vendono a prezzi molto più alti, come ha raccontato in questo articolo Giuseppe Li Rosi, protagonista di ‘Simenza’, una delle esperienza più importanti portate avanti nella nostra Isola nel mondo del grano.
Cos’è successo, di preciso? Che una società con sede a Verona ha intimato a tutti di non utilizzare i nomi di tre antiche varietà di grano della Sicilia: le varietà di grano duro Timilia (o Tumminìa) e Strazzabisazzi e la varietà di grano tenero Maiorca.
A quanto è dato sapere, il già citato Giuseppe Li Rosi faceva parte di una società, la già citata Terre e Tradizioni Srl. Uno dei soci di tale società ha registrato queste varietà di grano come marchi. Contro questa registrazione andava fatta opposizione entro tre mesi: cosa che non è stata fatta.
Resta una domanda: le varietà di grano si possono registrare come marchi? In queste ore, sulla rete, è in corso un dibattito molto serrato tra giuristi e produttori agricoli. La grande assente, tanto per cambiare, è la politica siciliana. A parte la deputata regionale grillina, Angela Foti, intenzionata a dare battaglia.
La parlamentare ha già presentato un’interpellanza al Governo della Regione. Chiede un intervento urgente, “con ogni mezzo, anche con quello legale, a sostegno delle azioni eventuali intraprese dagli agricoltori, in difesa degli interessi e dei prodotti tipici regionali”.
“Eh sì – aggiunge Foti – perché il Timilia, altrimenti denominato Tumminia o grano Mazzuolo, registrato dalla ditta veronese, è un varietà antichissima di grano duro siciliano, noto già in epoca greca e, oggi, coltivato da numerosissime aziende siciliane che hanno cura di portare avanti i prodotti tipici della tradizione”.
“E’ come se domani – continua la parlamentare Cinquestelle – qualcuno registrasse il nome ‘Nero d’avola’ o ‘Nocellara del Belìce’ o, perché no, ‘Etna’, e ne vietasse a chiunque l’utilizzo”.
“Un atto profondamente illegittimo – dice ancora Angela Foti – confermato anche da sentenze emesse per casi analoghi dal Tribunale di Catania. Risulta chiaro, infatti, che una cosa è brevettare un marchio, contraddistinto da un nome di fantasia, per un prodotto che si ricava da una specie vegetale, altra cosa è brevettare, come fosse un marchio, il vero nome di una specie vegetale tout court, come oggi si è fatto con la specie vegetale denominata Timilia”.
“La paradossale e vergognosa situazione venutasi a creare – conclude la parlamentare Cinquestelle – oltre a rappresentare un vero e proprio oltraggio nei confronti dei siciliani, della Sicilia, della dignità residua di una Regione che tanto ha da offrire, ma che non sa o non vuole risorgere, porta anche con sé un danno economico gravissimo, insostenibile, per tutte le aziende siciliane che commerciano prodotti contenenti il grano siciliano Timilia, contribuendo ad aggravare una crisi nota da tempo nel settore”.
Il Movimento 5 Stelle si sta mobilitando a tutti i livelli, deputati alla Camera e senatori siciliani e l’europarlamentare Ignazio Corrao, infatti, stanno depositando atti parlamentari ispettivi per fermare questo assurdo affronto alla nostra tradizione:
“Si chiarisca una volta per tutte – affermano – che mai si potrà prendere un nome di una razza e varietà e ingabbiarla in un diritto che preveda pagamento di royalties o limitazioni di sorta”.
E’ lì che si vuole arrivare? A far pagare agli agricoltori siciliani le royalties per coltivare i grani della tradizione siciliana?
In questa storia sono coinvolti – per fortuna in termini positivi – i Molini Riggi di Caltanissetta e Molini del Ponte di Castelvetrano, società che fa capo a Filippo Drago, il più noto mugnaio della Sicilia.
Sul Giornale di Sicilia Filippo Drago ha illustrato come stanno le cose:
“Voglio puntualizzare che, ancor prima della società Terre e tradizioni Srl, avevo provveduto a registrare la parola già nel 2013, ma solamente con lo scopo di tutelare un prodotto del nostro patrimonio siciliano. Non mi sono mai opposto a colleghi e produttori che hanno voluto utilizzare questa parola. Basti pensare che sia Goethe che Ugo De Cillis parlavano della Tumminìa in Sicilia. È come se pensassimo di registrare il nome Etna e vietare a chiunque di utilizzarlo”.
Foto tratta da istitutoeuroarabo.it
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