Un’oncologa propone una soluzione radicale: non mangiare più cibi che contengono glutine. Perché, sostiene, il glutine ‘asfalta’ le difese immunitarie del nostro intestino. Sarà proprio così? Giuseppe Li Rosi spiega che, in natura, ci sono diversi tipi di glutine. E il glutine dei grani antichi non fa male alla salute. Il micologo Andrea Di Benedetto la pensa diversamente: il problema, dice, non è il glutine, ma le micotossine DON e il glifosato: sono questi due contaminanti che ‘sfasciano’ il nostro intestino…
Eliminare radicalmente il glutine dalla nostra dieta, come se fosse un veleno? C’è chi lo afferma apertamente: ciò significa addio alla pasta e, in generale, a tutti i derivati del grano duro che, notoriamente, è particolarmente ricco di questa sostanza proteica. Non è un po’ troppo radicale una simile posizione? Così c’è chi invita a distinguere il glutine dei grani duri moderni, tenaci e ‘aggressivi’, dal glutine dei grano duri antichi, meno tenace e più digeribile. E poi c’è chi dice: attenzione, il glutine non è un problema se non viene assorbito dal villi intestinali, il problema è capire il perché, a un certo punto i villi intestinali, mettiamola così, ‘impazziscono’…
Insomma, come si può intuire dalle prime battute di questo articolo, il dibattito è aperto. Oggi proveremo a illustrare queste tre posizioni. Cominciamo con un articolo pubblicato dall’oncologa, Maria Rosa Di Fazio.
“Nel mio quotidiano lavoro di oncologa – scrive Maria Rosa Di Fazio – punto spesso il dito contro i principali nemici della nostra salute. Gli stessi che cito nel mio libro Mangiare bene per sconfiggere il male (Mind Edizioni). E cioè glutine, zuccheri e latte vaccino (con tutti i suoi derivati). In questo articolo vi parlo del primo, concedendomi una premessa fondamentale. Non è automatico che chi soffre di problemi intestinali svilupperà un tumore, ma è inoppugnabile che tutti i malati di tumore soffrono di problemi intestinali. Non come conseguenza della malattia, ma come causa. Perché è dall’intestino che origina sempre tutto. Mettiamocelo bene in testa. Detto questo, ritorno al troppo glutine delle farine usate nei prodotti da forno (e nascosto in mille altri alimenti): biscotti e fette biscottate, cereali del mattino e pane confezionato, merendine e panature, oltretutto fritte, di tanti cibi surgelati”.
“Il glutine – prosegue l’oncologa – ci fa male, ma molto male!, in quanto ci ‘asfalta’ il sistema immunitario rendendolo ‘sordo’ e ‘cieco’, privandoci così della sua fondamentale difesa. È una sostanza collosa che appiccica il tratto gastroenterico, lì dove si trova il 70% del sistema immunitario, impedendogli di fare da ‘sentinella’ contro i pericoli. C’è una provata correlazione tra l’elevato consumo giornaliero di glutine e l’insorgenza di malattie linfoproliferative quali leucemie, linfomi e mielomi (allarmante, oggi, l’incidenza nei bimbi piccolissimi, proprio perché queste farine sono presenti nei prodotti per la prima infanzia!)”.
“Ma il glutine fa anche di peggio – dice sempre Maria Rosa Di Fazio -. Alla John Hopkins University School of Medicine hanno studiato l’impatto sul cervello di un’infiammazione gastrointestinale da glutine in soggetti celiaci (consapevoli o no, il che è ben peggio), trovando evidenze in relazione a emicranie croniche, schizofrenia, ictus ischemico con coagulazione del sangue nel cervello, attacchi epilettici, per non dimenticare la terribile Sla (Sclerosi laterale amiotrofica, o malattia di Lou Gehrig), il Parkinson o l’Alzheimer. Sfortunatamente continuiamo a crogiolarci nell’illusione che, se non si è affetti da celiachia conclamata, il glutine sia innocuo. Stando a uno dei massimi esperti mondiali in materia, il professor Alessio Fasano della Harvard Medical School, quasi tutti ne siamo ormai affetti a vario grado. Perché quasi tutti, per reazione al glutine, produciamo zonulina, la proteina che regola la permeabilità dell’intestino e che si trova in frumento, orzo, grano e segale”. (qui potete leggere un approfondimento sugli studi del professore Alessio Fasano)
“La zonulina – scrive sempre l’oncologa – altera la permeabilità intestinale, consentendo l’ingresso nel nostro torrente ematico di proteine che altrimenti ne sarebbero escluse. E a essere più pericolosi sono i prodotti multigrain, o multicereali, molto diffusi negli Usa per le prime colazioni (ora purtroppo anche da noi). C’è tuttavia una buona notizia: cambiando radicalmente abitudini alimentari, eliminando cioè il glutine, la risposta positiva dell’organismo è altrettanto rapida. Io lo vedo ogni giorno nei miei pazienti. Basta volerlo. Vogliatelo anche voi, perché le alternative esistono in natura e si trovano non solo nei negozi bio, ma ormai anche nei supermercati. Mi riferisco a farine prive di glutine in natura, come quelle di quinoa, amaranto, ceci, mandorle, sorgo, grano saraceno, fave, riso, castagne, miglio, chia, noci, lupini, vinaccioli, fagioli. Farine con le quali si possono fare ottimi cibi salati o dolci. Ma che si trovano anche in chicchi, che hanno oltretutto una gratificante resa in cucina sotto forma di insalate, inediti cous cous con verdure o pesce. O ancora come ‘risotti’ diversi. Anziché un ‘orzotto’ cucinatevi un ‘sorgotto’, con il sorgo al posto dell’orzo (che invece di glutine ne ha tanto, così come il kamut!). Provate. Bastano un po’ di fantasia e tanta voglia di volersi bene”.
“Eliminare completamente il glutine dalla nostra alimentazione? Mi sembra una posizione un po’ troppo radicale – commenta Giuseppe Li Rosi, presidente di Simenza, profondo conoscitore dei grani antichi della Sicilia (qui potete leggere chi è Giuseppe Li Rosi e di che cosa si occupa l’associazione Simenza). Certo, il glutine è una sostanza tossica. E l’uomo ha impiegato circa novemila anni per abituare il proprio intestino al glutine. C’è stato un lento processo di adattamento. Poi sono intervenuti dei cambiamenti e sono iniziati i problemi”.
Sotto accusa potrebbe essere finito il miglioramento genetico, che non sempre ha migliorato le cose. Basti pensare alla mutagenesi indotta (per esempio con i raggi gamma). O alle tecniche colturali ‘spinte’ (le concimazioni azotate che piacciono tanto alle industrie della pasta).
“Eliminare dalla nostra alimentazione il glutine mi sembra un’esagerazione – aggiunge Li Rosi -. Semmai dobbiamo stare attenti a che tipo di glutine inseriamo nel nostro organismo con i derivati del grano. Esiste un glutine tenace, che va evitato. Poi ci sono varietà di grano con basso indice di glutine. Mi riferisco ai grani locali, che sono molto più digeribili di certi grani esteri”.
Chi non è d’accordo con la tesi che il glutine dei grani moderni fa sempre male al nostro organismo è Andrea Di Benedetto, agronomo e micologo, che da anni si occupa di salubrità del grano e dei derivati del grano del tipo pasta, pane e biscotteria.
“Certo, il glutine, di per sé, è una sostanza proteica che contiene alcune sequenze polipeptidiche che potrebbero avere un comportamento tossico sul nostro organismo. Ma questo non significa che necessariamente arreca danni al nostro intestino. Infatti se il nostro intestino è sano, quindi non permeabile, il glutine passa non digerito e viene eliminato, oppure in presenza di un efficiente microbiota intestinale viene scomposto e poi assorbito da nostro organismo senza che possa svolgere la deprecata funzione immunogena. Se invece il nostro intestino presenta dei problemi di permeabilità intestinale aumentata, ebbene, allora sono guai per la nostra salute”.
“A creare problemi al nostro intestino, e in particolare ai villi intestinali, sono in particolare le micotossine DON, spesso presenti nel grano duro che arriva in Italia dall’estero, Canada in testa – ci dice Di Benedetto -. La presenza di queste micotossine DON altera le funzioni intestinali e provoca una sorta di allargamento delle giunture serrate. A questo punto il glutine, passando dai villi intestinali alterati dalle predetta micotossine DON, va nel sangue e provoca tutti quei problemi di cui si parla tanto in questo ultimo ventennio”.
“La sintomatologia è simile a quella provocata dalla Celiachia – sottolinea sempre il micologo -. Ma non è la Celiachia la patologia che colpisce chi ha subito l’alterazione dei villi intestinali. Questa malattia, molto studiata in America dal professore Alessio Fasano, è la Gluten sensitivity”.
Chiediamo: il glutine molto tenace – tipico dei grani duri canadesi – è più dannoso del glutine dei grani duri siciliani, che invece è meno tenace? Di Benedetto scuote la testa. Dice: “Se il glutine passa nel sangue crea comunque problemi al nostro organismo. E a creare i problemi, se i villi intestinali sono stati danneggiati, è qualunque tipo di glutine, sia derivato da grani moderni, sia da grani antichi. Ribadisco: i problemi non sono creati dal glutine, ma dalle micotossine DON che alterano la funzione dei villi intestinali”.
“E c’è di più – prosegue Di Benedetto -. Dobbiamo anche tenere conto degli effetti additivi e sinergici provocati dal glifosato e sopratTutto dal cosiddetto effetto cocktail di micotossine DON, di glifosato e di altri eventuali contaminanti. La scienza, fino ad ora, ha studiato gli effetti, sul nostro organismo, di ogni contaminante uno per volta. I francesi ci hanno spiegato cosa combinano le micotossine DON. Gli americani hanno studiato molto gli effetti provocati dal glifosato. Questo erbicida, nel nostro organismo, si comporta come un antibiotico, uccidendo la flora batterica. Anche questo crea problemi al nostro organismo. Adesso si sta cercando di approfondire l’effetto combinato, sul nostro organismo, di micotossine DON, glifosato e altri possibili contaminanti”.
Domanda d’obbligo: come veniamo fuori da questa storia? Il micologo, che è uno dei protagonisti di GranoSalus, l’associazione che raccoglie consumatori e produttori di grano duro di tutte le Regioni del Sud Italia, non si tira indietro:
“Ormai, nel mondo, le persone colpite da Gluten sensitivity sono milioni. Chi è stato colpito da questa malattia deve evitare il glutine. Per chi, invece, non ha contratto ancora tale patologia si può fare molto. Le persone sane devono assolutamente evitare di mangiare pasta industriale, cioè pasta prodotta con il grano duro che contiene micotossine e glifosato anche se nei limiti di legge”.
“Io, ormai da anni, non mangio più pasta industriale – ci dice sempre Di Benedetto -. Mangio solo pasta prodotta con grano duro del Sud Italia, che non contiene né micotossine Don, né glifosato. Purtroppo contro il glifosato non possiamo fare molto, perché ormai è presente in tanti cibi e anche nelle bevande sopratutto nella birra, perché spesso la birra si produce con orzo e grano coltivato a Nord del 42° parallelo… dove i cereali sono tutti infarciti di DON e glifosato. Saggio sarebbe evitare di mangiare i derivati del grano duro canadese, che di glifosato ne contengono tanto. E, soprattutto, nutrendoci con il grano del Mezzogiorno d’Italia, che è privo sia di micotossine DON che di Glifosato, evitando quindi di ingerire questo cocktail di veleni”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus, che precisa:
“Il problema del glutine è secondario rispetto alla questione tossicologica. A creare difficoltà al nostro organismo sono i contaminanti presenti nel grano duro e, di conseguenza, nei suoi derivati. E quando parlo di contaminanti faccio riferimento alle micotossine DON e al glifosato. Mangiando pasta, pane e altri derivati di grano duro privo di micotossine DON e di glifosato questi problemi non si pongono”.
“La chiave di volta per uscire dal tunnel, non soltanto per ciò che riguarda l’Italia, ma in tutti i Paesi dove si utilizza il grano duro contaminato, è solo una – aggiunge De Bonis -: non utilizzare più il grano duro che contiene micotossine DON e glifosato. Ricordo che oggi, solo in Italia, si contano circa 4 milioni di persone che hanno sviluppato la Gluten sensitivity. E c’è tutta la fascia dei bambini sino a 10 anni che non sono né informati, né tutelati, come pure le mamme in gravidanza. Il nostro Paese ha la possibilità di utilizzare un grano duro privo di micotossine DON e di glifosato: basta utilizzare il nostro grano duro prodotto nel Sud Italia”.
“Non è vero, come cercano di farci credere – sottolinea sempre il presidente di GranoSalus – che il grano duro prodotto nel Mezzogiorno d’Italia non basta per soddisfare il consumo del nostro Paese. Ricordo che, negli ultimi anni, nel Meridione d’Italia, a causa dei prezzi bassi del grano duro, frutto di speculazioni, sono stati abbandonati circa 600 mila ettari di seminativi. Quello che voglio dire è che, con il grano duro che si può produrre nel Sud, il nostro Paese non avrebbe problemi. Anzi, ci sarebbe anche il grano duro per una parte delle esportazioni. E’ solo un problema di volontà politica: basti pensare che il Piano di settore Cerealicolo per anni è stato fermo nei cassetti del Mipaaf”.
“Detto questo – dice sempre De Bonis – pur nutrendo grande rispetto per i grani duri antichi, dico che non bisogna esagerare nell’enfatizzarli, proponendoli come la risoluzione di tutti i problemi. Va bene l’operazione di tutela della biodiversità e del marketing connesso, ma attenzione a non trasformarla in un boomerang. Insomma, per dirla in breve: non è pensabile che tutti i produttori di grano duro del Sud Italia si mettano a coltivare la varietà Senatore Cappelli o altre varietà antiche come Tumminia, Russello, Perciasacchi, Timilia ed altri. Grandi cultivar, per carità: ottime per la produzione di pasta o pane. Ma ricordiamoci che tutte queste varietà possono arrivare a produrre dieci, quindici, al massimo venti quintali di grano per ettaro. Certo, si vende a 70 euro al quintale e forse anche qualcosa in più. Ma è pensabile che tutti i produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia si mettano a produrre solo grani antichi? Non possiamo immaginare di vendere la pasta o il pane ai nostri consumatori obbligandoli a fare dei mutui! Non è eticamente corretto. Né possiamo pensare di produrre solo per la Regina. Noi dobbiamo produrre cibo agricolo per tutti”.
“A mio avviso – conclude il presidente di GranoSalus – dobbiamo valorizzare i grani duri locali, in modo che sia sostenibile la loro coltivazione, non dimenticando le varietà di grano duro che producono quaranta-cinquanta quintali per ettaro, grazie proprio al ‘miglioramento genetico’ che avviene incrociando cultivar di grano più resistenti alla siccità, alla septoria, alla ruggine o al Fusarium. Cosa ben diversa dalla ‘modificazione genetica’, cioè dall’incrocio di geni tra specie diverse. Del resto, tutto il grano duro del Sud Italia è privo di micotossine DON e di glifosato, a prescindere dalle varietà: è il clima il nostro grande alleato. E, alla fine, ciò che conta veramente è questo. Bisogna però stare un po’ più attenti. E’ in ballo la salute pubblica non il marketing di qualche agricoltore: il rischio di creare inutile confusione va scongiurato per il bene del settore”.
QUI L’ARTICOLO DELL’ONCOLOGA MARIA ROSA DI FAZIO
P.S.
Che aggiungere? Solo un paio di considerazioni.
La prima considerazione è che, se è vero che bisogna eliminare il grano tossico, è altrettanto vero che le navi cariche di grano estero che contiene Iddio solo sa che cosa continuano ad arrivare in Italia (come potete leggere qui).
La seconda considerazione è che la tesi dell’oncologa maria Rosa Di Fazio, in una parte della popolazione, è già realtà: altrimenti non sarebbe spiegabile il crescente numero di negozi che vendono prodotti senza glutine: pane, pasta, ma anche farine, dolci, gelati e via continuando.
La seconda considerazione – alla luce delle riflessioni e delle indicazioni del micologo Di Benedetto e di Giuseppe Li Rosi – è che la nostra battaglia per spingere i siciliani a mangiare pasta artigianale prodotta in Sicilia è sacrosanta:
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