Grano duro che arriva da mezzo mondo: il porto di Pozzallo al centro di una ‘triangolazione’ internazionale

13 aprile 2017

Il tutto in totale assenza di controlli. La denuncia arriva da un’inchiesta pubblicata dal Blog delle Stelle. A raccontare i retroscena dell’import di grano duro che arriva nei porti italiani da 43 Paesi del mondo (in testa Ucraina, Russia e Bielorussia, aree del Pianeta notoriamente inquinate dalla radioattività, per non parlare del grano duro che arriva dal Canada con problemi legati a glifosato e micotossine DON) sono il presidente di GranoSalus, Saverio De Bonis, e il giornalista Gianni Lannes. Dietro il grano duro estero, spesso di pessima qualità, gli interessi della grande industria della pasta 

Il porto di Pozzallo, in Sicilia, è al centro di una ‘triangolazione’ di navi cariche di grano duro che arrivano dall’Europa dell’Est, con Turchia, Grecia, fino alla Tunisia. Appena qualche giorno di navigazione e, oplà!, il grano duro che sbarca nella nostra Isola, in assenza di controlli, diventa, come per magico incanto, italiano e magari siciliano. Non escludendo la possibilità che sia partito dall’Ucraina, dalla Russia e dalla Bielorussia, aree del mondo notoriamente inquinate dalla radioattività!

Così al grano duro canadese si aggiunge anche il grano duro dell’Est che si va a miscelare con il grano duro siciliano. Che cosa succede dopo – indovina indovinello – ve lo lasciamo immaginare…

Sì, dà i brividi l’inchiesta sul grano duro pubblicata dal Blog delle Stelle dal titolo decisamente indicativo: “Attentato al grano italiano”.

Si legge nell’articolo firmato MoVimento 5 stelle d’Europa:

“Pasta, pane e pizza sono la bandiera dell’Italia eppure hanno poco di italiano. È in atto una importazione selvaggia di grano da tutto il mondo, anche da aree notoriamente inquinate. Abbiamo intervistato il giornalista Gianni Lannes e il Presidente dell’associazione GranoSalus, Saverio De Bonis. La sua associazione ha fatto analizzare la pasta di alcuni importanti marche italiane. Le analisi sono shock: sono state trovate tracce di contaminanti dannosi per la salute umana” (qui le analisi su otto marche di pasta industriale italiane promosse da GranoSalus).

“Fra un mese, a Strasburgo – prosegue l’inchiesta – il Parlamento europeo voterà il #RapportoDogane dal MoVimento 5 Stelle. In Europa entra di tutto: vogliamo che procedure e controlli siano omogenei e creino una competizione sana tra porti e aeroporti nei diversi Stati membri. Vogliamo combattere la contraffazione e difendere l’eccellenza del Made in Italy dagli attacchi della concorrenza sleale. Vogliamo difendere i consumatori che nelle etichette devono trovare tutte le informazioni che cercano”.

Dice De Bonis:

“Tracce di questi contaminanti che arrivano da un mix di grani internazionali si trovano all’interno della pasta che diventa il principale pilastro della nostra dieta mediterranea. Il grano è una cultura tipica del Mezzogiorno e presenta delle caratteristiche di eccellenza sotto il profilo qualitativo che sono state sino ad ora sottostimate e scarsamente valorizzate. Questi punti di forza vengono annacquati attraverso l’ingresso di navi di cui non si conosce nemmeno la contabilità e che impoveriscono il territorio, impoveriscono l’ambiente e soprattutto danneggiano i consumatori”.

danneggiano i consumatori, ma aiutano i grandi gruppi industriali della pasta che hanno così a disposizione grandi quantitativi di grano duro,a prezzi accessibili, per poter produrre e vendere nell’universo mondo.

“Questo è il dato di fondo di GranoSalus – sottolinea sempre De Bonis – che è un’associazione che nasce proprio per tutelare, insieme ai produttori, i consumatori che rappresentano l’anello debole della filiera. Noi abbiamo operato, a dimostrazione della nostra tesi, esaminando una serie di paste: abbiamo messo sotto campione soprattutto le marche nazionali, le abbiamo valutate e abbiamo notato che le nostre tesi erano fondate. Cioè tracce di questi contaminanti, che arrivano da un mix di grani internazionali, si trovano all’interno della pasta che diventa il principale pilastro della nostra dieta mediterranea. Riuscire ad escludere questi contaminanti potrebbe portare a un’inversione di rotta sotto il profilo economico e sanitario, anche perché non ci sono studi che dimostrano qual è l’effetto sinergico della presenza di tutti questi contaminanti”.

Parliamo del micidiale effetto cocktail di inquinanti del quale non si conoscono gli effetti, come ha raccontato in un’intervista al nostro blog l’agronomo e micologo, Andrea Di Benedetto:

“Fino ad ora le varie autorità, compresa l’Unione Europea, hanno fissato dei limiti alla presenza di sostanze dannose per la salute umana considerandole ad una ad una. Ci sono i limiti di presenza delle micotossine DON, ci sono i limiti per il glifosato, ci sono i limiti per ogni metallo pesante. Ma ancora nessuno si è posto il problema degli effetti combinati che tutte queste sostanze dannose possono avere sull’organismo umano”. (qui potete leggere l’intervista a Di Benedetto per intera).

In questo scenario escludere i contaminanti dal grano duro diventa, per De Bonis, “un obiettivo strategico dell’Italia in ambito europeo”, se non altro perché la pasta prodotta in Italia finisce nei piatti dei consumatori di tanti Paesi europei: consumatori che hanno tutto l’interesse a non mangiare pasta al glifosato e alle micotossine DON.

Obiettivo raggiungibile? Certo: basta tornare a coltivare a grano duro i 600 mila ettari di seminativi del Sud Italia che sono stati abbandonati a causa delle politiche sbagliate dell’Unione Europea, che ha pagato gli agricoltori per non coltivare tali terreni! parliamo del Set Aside, che letteralmente significa “mettere da parte”: sì mettere da parte i terreni coltivati a grano duro del Sud Italia per facilitare l’arrivo di grani duri da mezzo mondo nei porti italiani!

Proprio sui porti si sofferma il giornalista Gianni Lannes:

“È in atto – dice Lannes – una guerra ambientale non dichiarata, non convenzionale. Nel nostro Paese quotidianamente approdano carrette del mare, relitti galleggianti carichi di frumento provenienti da Paesi del Terzo e Quarto mondo, da aree inquinate notoriamente dalla radioattività come l’Ucraina, la Russia, la Bielorussia, la Francia ed altri Paesi dove non ci sono assolutamente controlli. Qual è il problema? Nei porti italiani entra di tutto, soprattutto nei porti dell’Adriatico (Ancona, Ravenna,Trieste, Manfredonia, Bari, Barletta, Monopoli, Brindisi e Taranto prevalentemente). Per non parlare dei porti della Sicilia, addirittura un minuscolo porto come quello di Pozzallo è interessato da una triangolazione di navi che giungono dai Paesi dell’Europa dell’Est, con triangolazioni che partono poi dalla Turchia, dalla Grecia, e anche addirittura dalla Tunisia (dal porto di Sfax) e dopo qualche giorno di navigazione, questo grano straniero arriva in Sicilia e diventa per miracolo italiano”.

“Non ci sono controlli! – dice sempre il giornalista -. Lavorando a questa inchiesta da più di due mesi ho rilevato e documentato che, prevalentemente, in questi porti non ci sono assolutamente controlli. Esistono attualmente 4 broker che operano a livello internazionale, il più importante ha sede in Minnesota, ma è anche stanziato in Italia si chiama Cargill, è presente dal 1962 e controlla il 50% del traffico di grano a livello mondiale. La Cargill non prende soltanto grano in Italia, ma anche soia OGM, che arriva settimanalmente al porto di Ravenna senza alcun tipo di controllo. Secondo i dati dell’ISTAT, abbiamo qualcosa come quasi 2 milioni di cereali importati nel 2016 soltanto dalla Francia, qualcosa di meno dall’Ucraina e circa 1 milione e mezzo di tonnellate dal Canada. Sto parlando solo del 2016. 500 mila tonnellate dagli Stati Uniti d’America e così via… e bisogna tener conto che i Paesi da cui importiamo cereali sono 43. Ben 43. Inclusa la Cina”.

Cosa fa l’Italia con il grano che arriva, addirittura, da 43 paesi del mondo? la risposta a questa domanda arriva da De Bonis. Che spiega:

“Tutto questo grano, in realtà, viene utilizzato a basso prezzo, per tagliare il grano buono italiano. Quindi non è vero che l’Italia ha un deficit di produzione: l’Italia è autosufficiente per la produzione nazionale di pasta. Non è autosufficiente per soddisfare la domanda estera, ma è assolutamente sufficiente a garantire i propri fabbisogni nazionali. Il punto è che viviamo in un’economia globale. La pasta rappresenta una delle principali voci della nostra bilancia commerciale e quindi bisogna compensare le quantità di pasta e di grano duro che mancano per esportare all’estero la nostra famosa pasta”.

Scopriamo, così, che non è vero – come cercano di far credere gli industriali della pasta – che il grano duro italiano (che sotto il profilo della qualità è uno dei migliori del mondo!) non basta a soddisfare la domanda interna di pasta: basta eccome! Il problema è che gli industriali del nostro paese debbono produrre grandi quantitativi di pasta da esportare in tutto il mondo: obiettivo che possono raggiungere solo facendo arrivare il grano da 43 Paesi del mondo!

Questo passaggio dell’inchiesta del Blog delle Stelle dimostra due cose.

Prima cosa. In Italia la politica agricola non viene decisa dagli agricoltori e dalle organizzazioni agricole (cioè dai sindacati degli agricoltori, o presunti tali…), ma dalla grande industria che condiziona le scelte del Governo nazionale e delle Regioni (senza la sostanziale assenza della Regione Puglia e della Regione Sicilia gli industriali della pasta non potrebbero fare, in queste due Regioni, il bello e il cattivo tempo imponendo prezzi bassi e contratti di filiera: questo è un fatto oggettivo, sotto gli occhi di tutti).

Seconda cosa. Il nostro blog ha iniziato un ‘viaggio’ tra i produttori di pasta artigianale della Sicilia a tutela dei consumatori. Un invito a sostituire la pasta industriale con la pasta a Km zero prodotta con il grano duro della nostra Isola. Le notizie che apprendiamo dall’inchiesta del Blog delle Stelle dimostrano l’importanza delle informazioni che stiamo fornendo ai consumatori siciliani. Perché è assurdo mangiare pasta industriale prodotta con grano duro che arriva da chissà dove avendo a disposizione la pasta prodotta con il grano duro siciliano! (qui potete leggere le prime sei puntate del nostro ‘viaggio’ tra i pastifici artigianali della Sicilia).

E allora pasta a Km zero per noi consumatori del Sud Italia. Ma giustizia anche per tutti i consumatori del mondo:

“Qui però – dice sempre De Bonis – si apre il capitolo del diritto del consumatore di conoscere esattamente cosa mette nel proprio piatto. L’attuale normativa sull’etichettatura non dà garanzie, non dà informazioni come per l’acqua minerale in cui è possibile guardare i tenori di sodio, di fluoro, di nitrato, di clorato o di solfato… quindi ognuno sceglie le sue acque minerali in base alla composizione chimica che appare sulla etichetta. Sulle buste della pasta questa possibilità non è garantita. Recenti studi olandesi hanno dimostrato che anche a bassissimi dosaggi queste sostanze possono essere dannose, quindi il principio di precauzione (il principio garantito dall’Unione Europea) imporrebbe che, di fronte a questi dubbi di natura scientifica circa i rischi, l’Italia adottasse una politica di maggiore prudenza. Ma sappiamo che questo purtroppo contrasta con le esigenze dell’industria”.

“Questa importazione selvaggia – conclude Lannes – favorisce la speculazione perché è incontrollata. Io mi aspettavo controlli rigorosi nei principali porti italiani, partendo da Ravenna, che è poi la capitale di questo sistema (è un porto che viene utilizzato, per altro, anche dalla Barilla, ma anche dalla Cargill che è presente e attiva) e poi c’è tutto un sistema della filiera industriale e ci sono accordi che la stessa Barilla ha fatto anche in Puglia con la Divella, ma non solo: ci sono poi anche le multinazionali che producono le sementi che fanno la differenza. Quindi con l’introduzione di grani che sono stati modificati a livello molecolare. Non c’è alcun tipo di controllo a livello sanitario”.

P.S.

L’ultimo argomento introdotto da Lannes nel finale del suo ragionamento è importante: parliamo dei grani “modificati a livello molecolare”. Se siete interessati a questo argomento potete leggere qui la storia del Creso, il grano duro OGM, selezionato in Italia nei primi anni ’70 del secolo passato che ha invaso il mondo… 

QUI L’INCHIESTA DEL BLOG DELLE STELLE

 

AVVISO AI NOSTRI LETTORI

Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.
-La redazione
Effettua una donazione con paypal


Commenti