Nel nostro Paese si parla tanto di sovranità alimentare. Ma di azioni concrete, a parte i primi controlli sui derivati del grano duro – e segnatamente su otto marche di pasta (QUI L’ARTICOLO CON I RISULTATI DELLE ANALISI) – di fatti concreti se ne vedono pochi. Anche se, adesso, sembra che la vecchia politica che ancora oggi condiziona l’agricoltura italiana sta provando a riorganizzarsi all’insegna del gattopardismo: cambiare tutto per non cambiare nulla…
In queste settimane si fa gran parlare di guerra del grano duro e sembra che, all’improvviso, all’inerzia sindacale facciano da contraltare alcuni movimenti. C’è chi si organizza di qua, chi si organizza di là. Ma se poi, se si va a verificare sul campo, ci si accorge che si fa tanto rumore per nulla. Insomma, cambiare tutto per lasciare tutto come prima.
Affrontiamo questo e altri temi con Saverio De Bonis, rappresentante di GranoSalus.
“La battaglia del grano, in modo non convenzionale, è iniziata con alcuni atti parlamentari dal 2010 sino ad oggi, grazie alla FIMA (Federazione Italiana Movimenti Agricoli) e ad alcuni sodalizi che hanno portato alla luce il tema del grano cattivo d’importazione e dei meccanismi perversi di formazione dei prezzi”.
Cosa è successo in quegli anni?
“Abbiamo preso atto che il Parlamento aveva le mani legate e che non poteva procedere a far qualcosa in favore dei consumatori e dei produttori, nonostante le nostre proposte sul grano, che oggi qualcuno vuole scimmiottare senza avere alcuna autorevolezza”.
A cosa si riferisce?
“La battaglia del grano sta facendo perdere credibilità sia ai sindacati agricoli, sia alle associazioni dei consumatori. Gli uni e gli altri, per onorare gli impegni verso le industrie di trasformazione, si sono inventati movimenti estemporanei costituiti ad arte dai loro associati”.
Ci spieghi meglio.
“Come può un agricoltore criticare un sindacato agricolo, di cui non è soddisfatto, e poi sostenerlo finanziariamente? Ecco, questo è il paradosso dei finti movimenti. Sono finti perché, sotto ricatto, non hanno il coraggio di abbandonare le vecchie modalità con cui la nostra agricoltura è stata svenduta. E continuano a sostenere i loro carnefici. Quando qualcuno gli ha chiesto di togliere il fascicolo a Confagricoltura o a Coldiretti, la risposta è stata negativa. Inoltre, sono sotto il ricatto di commercianti e mugnai”.
Da cosa si evince questa sudditanza?
“Da vari elementi di prova. Quando abbiamo promosso la costituzione di GranoSalus alcuni esponenti dei movimenti agricoli avevano sottoscritto l’adesione, salvo poi scoprire che non erano compatibili con le finalità statutarie della nostra associazione ed hanno fatto marcia indietro adducendo una serie di scuse. La verità è che non tutti gli agricoltori sono liberi”.
Qual è la ragione di questo deficit di libertà?
“L’attuale modello economico è tale per cui in tutti i settori agricoli si assiste ad un meccanismo perverso di formazione dei prezzi all’origine: a decidere il prezzo di vendita dei prodotti non è l’agricoltore, ma il commerciante o l’industriale. E’ un modello che, oltre a nutrirsi di comportamenti scorretti sotto il profilo della concorrenza, genera sempre più dipendenza economica a favore delle multinazionali. Non mancano ovviamente in tutto questo, comportamenti fraudolenti a cui spesso gli stessi agricoltori sono costretti a prestare il fianco, a causa della loro debolezza e dipendenza”.
Che relazione esiste tra la scarsa libertà dei produttori e la qualità del cibo?
“La ragione per cui mangiamo sempre più cibi d’importazione scadenti sotto il profilo tossicologico sta nel fatto che il deficit di libertà è indotto sia dal libero scambio globale – dove il cibo è trattato come un bullone e lo si compera dove costa meno senza curarsi degli effetti sulla salute pubblica – sia da intese e abusi vietati dal diritto europeo sulla concorrenza che, inevitabilmente, limitano la produzione di grano duro di eccellenza del Mezzogiorno. Emblematico il caso della nave di Bari contenente grano con esteri fosforici dannosi alla salute”.
Ma la CUN (Commissione Unica Nazionale) che fine ha fatto? Non dovrebbe introdurre regole più trasparenti nel mercato?
“La CUN è una intuizione dei movimenti agricoli che, dopo una fase sperimentale sui suini e sui conigli, hanno istituzionalizzato lo strumento grazie ad alcune forze parlamentari. Una grande conquista dei movimenti agricoli che è sfociata nella Legge Labbate del 2015. Dopo quasi due anni di ritardo, adesso si attende la pubblicazione del decreto, anche se il Ministro delle Risorse agricole, alimentari e forestali, in visita a Foggia, sembrava più preoccupato del flop delle filiere”.
A vostro avviso i contratti di filiera sarebbero stati un fallimento. Perché?
“Non lo diciamo noi: lo dicono i fatti. I contratti di filiera non hanno avuto tutto il riscontro che ci si aspettava perché, ancora una volta, sono stati formulati dagli industriali con regole capestro, unilaterali, contro il diritto europeo sul libero mercato. Noi siamo curiosi di sapere se, ai fini del de minimis, l’Italia abbia argomentato correttamente all‘Unione Europea l’impatto sulla concorrenza di questi strumenti”.
Perché cosa dice l’Europa al riguardo?
“Per la valutazione delle misure la Commissione Europea ritiene che una misura di aiuto sia compatibile con il trattato solo se soddisfa alcuni criteri: il raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune, la necessità dell’intervento statale, l’adeguatezza, l’effetto d’incentivazione, la proporzionalità e la prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri”.
Quali sarebbero gli effetti negativi dei contratti di filiera?
“L’errore del Governo italiano è che non ha posto regole alla redazione dei contratti di filiera, facendo sì che gli industriali fissassero prezzi minimi e massimi vietati dalle norme europee sulla concorrenza. Solo che Bruxelles non lo sa, ma noi glielo diremo a tutela degli agricoltori che non hanno abboccato all’amo”.
Un po’ di confusione come accade nelle Borse merci dove si formano i prezzi?
“Qualcosa in più della confusione. Tutto ciò è anticompetitivo esattamente quanto il ruolo delle commissioni prezzo attuali. Il caso di Foggia è emblematico, per non parlare del borsino di Altamura. Siamo dovuti andare al TAR Puglia per aver le fatture che dimostrassero un ruolo di rilevazione statistico dell’Ente camerale, e non un ruolo provvedimentale, come invece noi sosteniamo. Le fatture non sono state ancora esibite: ciò potrebbe avallare la tesi che i prezzi vengano imposti e non rilevati. C’è una bella differenza! Ma su questo il silenzio dei sindacati agricoli e dei finti movimenti è stato tombale, perché loro fanno parte di quel sistema”.
Quali iniziative ha messo in campo GranoSalus rispetto ad altri movimenti?
“L’informazione al consumatore è la vera differenza che ci distingue dagli altri. Il cuore delle attività di GranoSalus è proprio nei controlli. La sovranità alimentare si conquista non attraverso le modifiche legislative che il sistema protegge oculatamente. Basta vedere che fine hanno fatto tutti gli appelli per modificare i limiti tossicologici sul grano dei Regolamenti comunitari. La sovranità oggi si conquista informando i consumatori che hanno potere verso lo scaffale. Una delle ragioni per cui alcuni agricoltori non hanno aderito a GranoSalus sta proprio nella nostra strategia che si è rivelata vincente. Loro, invece, non vogliono fare analisi, non vogliono fare i controlli, non vogliono fare informazione ai consumatori. Sono illusi di andare a Bruxelles a cambiare la norma e godono se GranoSalus riceve qualche sterile diffida dalle industrie. Assurdo!”.
Progetti per il futuro?
“La nostra associazione, oltre all’originale formula messa in campo dei produttori alleati dei consumatori, che qualcuno adesso vuole scimmiottare per non perdere la scena, sta svolgendo varie azioni di tutela legale. Sta promuovendo, per citare qualche esempio, incontri di alto livello scientifico e, a breve, terrà a Bari un importante convegno con magistrati di rilievo nazionale. Noi collaboriamo con tutte quelle realtà associative vere che hanno a cuore la tutela della salute dei bambini e degli adulti e che hanno capito che forse l’attuale sistema è criminale. Ma gli agricoltori, purtroppo, non sono tutti uguali…”.
QUI L’ARTICOLO SULLA DISCUSSIONE AL SENATO SULLE MICOTOSSINE
QUI L’ARTICOLO DELL’IMPATTO DELLE MICOTOSSINE NEL GRANO DURO
QUI L’APPELLO AGLI EUROPARLAMENTARI SULLE MICOTOSSINE NEL GRANO
QUI L’INTERROGAZIONE DEL MOVIMENTO 5 STELLE AL PARLAMENTO NAZIONALE SULLE MICOTOSSINE NEL GRANO
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