Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Ambiente, Maurizio Croce, non sono riusciti a dipanare questa ‘aritmetica’ matassa. L’assessore, alla fine, si è addirittura rivolto all’Avvocatura dello Stato e all’Ufficio legislativo e Legale della Regione. I due ‘numeri’ oggetto del contendere fanno riferimento al ‘punteggio’ assegnato al dirigente regionale, Ino Genchi, punito dalla politica siciliana per aver mandato all’aria ‘operazioni’ miliardarie, dai quattro termovalorizzatori dei tempi di Totò Cuffaro al pet coke, fino alle distillerie…
di Lino Buscemi
Nella Sicilia dei paradossi può succedere, anche, che si apra, nelle sedi istituzionali della Regione e dintorni, un’incredibile quanto oziosa disputa, a suon di carte e pareri, attorno ad un singolare dilemma aritmetico. Vero è che nella terra di Archimede, Empedocle, Gorgia, Luigi Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri, nulla è certo e tutto è relativo, ma con l’aritmetica non si scherza. Non c’è partita. Non si può, avventatamente, andare contro la logica, l’evidenza, l’inoppugnabile. A meno che, sprovvisti di buon senso, pur di fare un torto a qualcuno, si cerca di confondere le acque con il “trenta e dui vintottu”, ovvero il noto “illogico” detto siculo per sottolineare, in barba ai numeri, che “i conti non tornano” (il motto, in verità, indica una sottrazione e non un’addizione. Altro paradosso!).
Un modo furbesco, comunque, per insinuare dubbi e, perfino, arrecare danni al prossimo. Del resto, l’ermeticità della frase, fornisce da sempre validi supporti ai “tragediatori” di professione. Come oggi li offre, relativamente al caso che stiamo per narrare, agli emuli di Cagliostro che, in politica e nella nostra pubblica amministrazione, sono in servizio permanente effettivo in dispregio delle regole e del corretto operare.
Ne sa qualcosa il dottor Gioacchino Genchi, già dirigente chimico della Regione, che da quasi 8 anni impatta contro il muro di gomma, fatto di alchimie numerico-amministrative, di governi e burosauri della Regione che rifiutano di riconoscere – e non siamo su ‘Scherzi a parte’ – che 58 è un punteggio maggiore di 50! Spieghiamo i fatti.
Genchi, inflessibile dirigente, è stato per anni il responsabile dell’Ufficio “Tutela dall’inquinamento atmosferico” ed ha avuto il gravissimo torto di essersi messo contro l’uso del pet coke come combustibile, contro le aziende che fabbricavano laterizi con i fanghi di risulta industriali, contro i miasmi della distilleria più grande d’Europa e, imperdonabile, di avere “stoppato”, a quanto sembra, l’affaire miliardario degli inceneritori di cui al piano rifiuti adottato dalla Giunta di Totò Cuffaro.
Ad aprile del 2009 la Giunta presieduta da Raffaele Lombardo infligge a Genchi 4 anni (1 in più del massimo previsto dalla norma) di inibizione dall’incarico ricoperto per avere riportato una “valutazione negativa” con riferimento all’attività svolta nel 2006 (l’anno dello stop agli inceneritori).
La discutibile “sanzione”, applicata per la prima volta (e mai più da allora), è stata decisa con una velocità da fare invidia. Titoli professionali, carriera, impegno lavorativo, immagine personale, di colpo tutto azzerato. Discorso chiuso? Affatto, perché nella fretta può anche sfuggire qualche “dettaglio”, per esempio che il tosto funzionario non aveva riportato nessuna valutazione negativa, dato che il punteggio conseguito superava di 8,01 punti la soglia minima di 50 e, quindi, mancavano i presupposti legali a supporto dell’incredibile sanzione inibitoria (per inciso, nella scheda di valutazione mancava la firma di Genchi, la stessa non gli era mai stata mostrata né notificata, tanto meno si era svolto il contraddittorio, previsto dalla legge, fra valutato e valutatori).
Discorso riaperto? Macché! Iniziano i ricorsi. Due Commissioni di verifica interne danno ragione a Genchi. Lo stesso governatore accoglie il ricorso straordinario e “annulla” la revoca dell’incarico. Il Tribunale del Lavoro condanna l’Amministrazione, dopo avere accertato che anche il punteggio (58,01) era artefatto e frutto di contestazioni infondate. La Corte d’Appello conferma la condanna (siamo ad oltre 20 mila Euro), mentre i 5 artefici della cosiddetta valutazione farlocca (4 ex dirigenti generali del Dipartimento Ambiente ed 1 dirigente) finiscono sotto processo (attualmente in corso).
Genchi è stato reintegrato? Le delibere false annullate? Quando mai. Nel ‘Palazzo’ resistono con il silenzio, perché non sanno che pesci pigliare. Intanto, arriva il governatore Rosario Crocetta che, come è noto, in quanto a propositi rivoluzionari non è secondo a nessuno. Genchi, non certo suggestionato dal “vento” gelese, gli scrive e chiede, con garbo, di prendere formalmente atto che, per aritmetica elementare 58,01 (già giudicato fasullo) è maggiore di 50 e, dunque, di annullare la delibera che attesta il fatto.
Negli uffici presidenziali si interrogano: chi deve attestare se 58,01 è maggiore di 50? Inizia un incredibile balletto istituzionale e burocratico. La Segreteria della Giunta declina la competenza (è priva di un matematico?), seguita a ruota dalla Giunta di governo.
Ma Crocetta – l’ha più volte dimostrato nelle sue ripetute e sussultorie apparizioni televisive da Giletti – è uno che sui problemi “spinosi” è subito disponibile a metterci una croce sopra. Lampo di genio, la croce, anzi il Croce, ce l’ha in Giunta, è il dottor Croce Maurizio, assessore all’Ambiente. Quale migliore occasione d’incaricare costui a “sbrogliare” la matassa. Per la verità un alto funzionario, ovvero il Dirigente generale dell’Ambiente (in carica nel 2015), squarciando l’incomprensibile “silenzio”, aveva già formalmente attestato che 58,01, poiché maggiore di 50, corrisponde a valutazione positiva.
L’assessore Croce, che non ha brillato per attivismo sulla vicenda, a suo tempo, probabilmente, non gradì molto il doveroso “pronunciamento” del suddetto dirigente generale forse, perché, aritmeticamente. troppo azzardata. Comunque non ne fece un caso. Ma, dopo la “trovata” di Crocetta che gli ha passato la “patata calda”, dovette, per forza, uscire allo scoperto.
Dopo un momento di meditazione, però, anche lui ha avuto una brillante “idea”: decise, nientemeno, di formulare, non una, ma addirittura DUE RICHIESTE ( !?) DI PARERE, la prima ALL’AVVOCATURA DELLO STATO e l’altra ALL’UFFICIO LEGISLATIVO E LEGALE DELLA REGIONE, vista la “rilevanza” della questione. Il nostro avrà pensato che solo i giureconsulti dello Stato e della Regione sarebbero stati in grado di dipanarla.
Che dire? Il sospetto che si voglia “menar il can per l’aia”, è più che legittimo. Ma a che pro? E con quali risultati? Sembra che gli organi di consulenza legale, per nulla impressionati dai contorni grotteschi assunti dalla vicenda, abbiano “consigliato”, a chi di dovere, di non decidere nulla, di non prendere alcun provvedimento, di lasciare sedimentare la vicenda in attesa dell’esito del processo penale.
Cosa c’entra il processo con il 58,01 maggiore o minore di 50? Mistero siculo. Il Cantone nazionale, informato da Genchi, allarga le braccia, riscontra “gravi carenze” nella trasparenza degli atti della Regione, ma non ha margini d’intervento perché “la richiesta attiene al raggiungimento di un obiettivo personale” (sic!). Tiè, dottor Genchi, beccati questo.
Crocetta e Croce, novelli cultori della Patafisica – la scienza delle soluzioni immaginarie – così operando hanno rivoluzionato, perfino, il vecchio “trenta e dui vintottu” nel più attuale “cinquanta e otto quarantotto“.
Il dottor Genchi, frattanto, più ostinato di prima, ha trasferito la vicenda al Palazzo di Giustizia, perché, presume, ci sarebbero tutti gli elementi necessari per avviare l’azione penale. Vedremo.
Finisce qui, per ora, il pirandelliano racconto che, si è certi, non finirà di riservare altri colpi ad effetto. Ma c’è quanto basta per comprendere, al di là del caso specifico e delle abusate quanto ipocrite frasi di circostanza, che il diritto, le regole e la trasparenza, nei ‘Palazzi’ del potere e in alcuni uffici della Regione “diretti” da cortigiani senza scrupoli somigliano sempre più a fastidiosi ingombri da tenere a bada per non disturbare i “manovratori” di turno e i loro indicibili interessi.
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