Descritta dagli storici di regime come “una grande vittoria strategica di Garibaldi”, la battaglia di Calatafimi fu, in realtà, una farsa. Dove il vero protagonista non fu il finto ‘Eroe dei due mondi’, ma il generale borbonico Landi, un volgare traditore che diede ordine alla sue truppe di fare vincere i garibaldini
La battaglia di Calatafimi, piuttosto che nei libri di storia o sui quadri, andrebbe rappresentata più appropriatamente su “Scherzi a parte”.
Quando un esercito di oltre 2000 soldati, armati e ben equipaggiati, posizionato su un’altura da dove domina il nemico e lo può distruggere facilmente a cannonate, a fucilate e perfino facendo rotolare massi e pietre, quando queste truppe, di fronte ad un assalto suicida alla baionetta si ritirano e lasciano che il nemico, inferiore di numero, male equipaggiato raggiunga la vetta dell’altura, le domande sono ovvie.
Questa in sintesi fu la “gloriosa battaglia di Calatafimi, una scaramuccia che poteva finire in un solo modo: in un mare di sangue versato da una sola parte e che invece diventò una vittoria strategica per i garibaldini.
Perché di fronte a una vittoria impossibile, a detta dei suo stessi ufficiali che gli suggerivano di ritirarsi, Garibaldi forzò la mano? Garibaldi non era né uno sprovveduto ,né un pazzo. In che cosa confidava? Perché il generale Landi che comandava l’esercito borbonico dette l’ordine di ripiegare? Un ordine così illogico e incomprensibile che gli stessi”liberatori” credettero che sotto ci fosse una trappola.
Nessuna trappola, solo viltà, calcolo e tradimento. Landi si iscrive nella schiera dei traditori. Pare che abbia tentato di incassare al Banco di Napoli una polizza di 14.000 ducati a firma di Garibaldi. Pare, ma lo scandalo montò, immenso.
Una cosa è certa: quattro suoi figli, ufficiali dell’esercito borbonico, passarono subito nelle fila di quello piemontese e se non 14.000 ducati, almeno incassarono i trenta denari guadagnati dal padre.
Qui potete trovare le prime quattro puntate della Controstoria dell’impresa dei Mille
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