Pino Maniaci nei guai: divieto di dimora a Palermo e Trapani

4 maggio 2016

Il direttore di Tele Jato è coinvolto in un’inchiesta della Procura della Repubblica di Palermo. La sua azione di giornalista scomodo – che ha messo a soqquadro la Sezione per le misure di prevenzione – lascerebbe pensare a chissà che. In realtà, l’indagine c’è e ci sono intercettazioni che ci consegnano un personaggio particolare, forse troppo sicuro di sé. L’amarezza per un altro punto di riferimento appannato

 

“La vendetta e la giustizia a volte coincidono”, dice Giorgio Faletti. Vendetta del destino, più che degli uomini, nel caso di Pino Maniaci, il direttore di Tele Jato finito nel bel mezzo di un’indagine giudiziaria. Una storia veramente brutta, con arresti e – sembra incredibile! – con il divieto di dimora a Palermo e a Trapani per lo stesso Maniaci. Incredibile, incredibile e ancora incredibile.

Quando la realtà smentisce le più arcigne convinzioni non rimane che prenderne atto. Senza rifugiarsi nelle giustificazioni di parte.

Certo, Pino Maniaci, con le sue inchieste, ha messo a soqquadro la Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Tante le irregolarità emerse in questo angolo opaco della Giustizia. Miserie umane e reati. Sono fatti che non possono essere dimenticati.

Pensare che chi ha fatto emergere tante storie di malaffare possa essere, poi, oggetto, di una vendetta è legittimo. Ma non nel caso in cui a indagare – anche su Maniaci – sono i magistrati: il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi, il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, e i sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia.

Signori: davanti all’azione della magistratura che fa luce sul malaffare e sulle miserie umane c’è poco da fare. Bisogna prenderne atto. Anche se l’amarezza è infinita.

A quanto pare, i magistrati e le forze dell’ordine – i Carabinieri – sono arrivati a Pino Maniaci indagando su altri soggetti. Così anche le sue parole sono finite agli atti dell’inchiesta.

Stando alle intercettazioni, emergerebbe un Pino Maniaci un po’ spaccone, pieno di sé. Insomma, l’immagine di una persona che controlla male il ‘personaggio’ che gli eventi gli hanno cucito addosso: l’immagine di un giornalista scomodo, sempre pronto ad andare contro i potenti.

Di certo non è una bella figura, quella che emerge dalle intercettazioni:

“La scorta mi devono dare…”, “Sono tutti in fibrillazione…”, “Mi ha chiamato quello stronzo di Renzi…”.

Quando si diventa famosi – soprattutto dopo aver fatto un certo tipo di giornalismo – il rischio di montarsi la testa c’è. Ed è un rischio che si attenua in ragione del carattere di una persona, ma anche in ragione dell’esperienza del giornalista.

Pino Maniaci ha bruciato le tappe. Con un giornalismo aggressivo. Forse il suo carattere – l’essere un po’ sopra il rigo – non l’ha aiutato. Chissà.

Oggi certe forzature che emergono dalle intercettazioni sembrano più cose legate a chi si è un po’ montato la testa: o magari tipiche di chi – come abbiamo già accennato – si ritrova ad essere al centro dell’attenzione, anche internazionale (non dimentichiamo che l’organizzazione internazionale Reporter senza frontiere lo ha inserito fra i 100 eroi dell’informazione mondiale), senza possedere la serenità d’animo e il senso dell’auto-ironia per non prendersi troppo sul serio.

Non siamo certo noi i titolati ad esprimere giudizi su quanto sta emergendo in queste ore sul direttore di Tele Jato. Anche se non possiamo fare a meno di sottolineare che le accuse di corruzione nei riguardi di Pino Maniaci, che avrebbe preteso soldi dai sindaci di Partinico e di Borgetto ci sembrano un po’ esagerate.

La realtà di tante Tv, oggi, è fatta di piccole somme. Con la crisi economica degli ultimi anni si va dietro anche a 200 Euro. Che una piccola Tv chieda una mano al sindaco – per somme tutto sommato non importanti – non ci sembra un grande peccato. Non crediamo che Tele Jato sia l’unico mezzo d’informazione che abbia ricevuto risorse finanziarie da un Comune!

Anche le parole che Pino Maniaci avrebbe pronunciato con l’amante (“Qui si fa come dico io”), sembrano più dettate da una condizione psicologica poco controllata che da una voglia di delinquere.

Detto questo, la storia è brutta. A noi Pino Maniaci ricordava il giornalista della serie del Commissario Montalbano, Nicolò Zito, pronto a dare una mano alle autorità. Ma anche questa figura, questa identificazione tra romanzo e realtà, viene smentita dai fatti. Pazienza.

Resta da capire che cosa resta a chi, in Sicilia, si ritrova a vivere in una realtà sempre più povera, sempre più degradata, con un’amministrazione pubblica rapace e gestita spesso contro gli interessi dei cittadini. Una realtà dove mafia e mentalità mafiosa continuano a imperversare.

Fatti ne potremmo citare tanti. Che dire di un quartiere di Palermo che insorge per difendere chi viola la legge? Vicenda che non è solo grave, ma anche indicativa di un malinteso senso della giustizia e dell’amicizia.

In questa nostra amara Sicilia ci sono pochi punti di riferimento. Pino Maniaci lo è stato. Oggi è venuto meno anche questo.

P.S.

Comunque una cosa va detta: non sappiamo cos’ha combinato Pino Maniaci: di questo si occuperà la magistratura. Ma vi possiamo assicurare che il giornalismo e le denunce di Tele Jato non erano sbagliate. ‘Sbagliati’ sono quelli che pensano a un certo tipo d’informazione ‘celebrativa’, mai disposta a ‘mordere’ o, al massimo, a ‘mordicchiare’ a comando…

 

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