Anche le riserve siciliane dovranno chiudere per mancanza di risorse. Tutti i settori pubblici siciliani sono al collasso, ma osservatori e politici non spiegano come ci siamo ridotti alla miseria, né si ricordano della Corte dei Conti…
L’ultima notizia, in ordine di tempo, riguarda le riserve naturali siciliane: non ci sono soldi e in ventuno dovranno chiudere i battenti, sei lo hanno già fatto.
“La somma prevista in bilancio non consente la copertura finanziaria per l’intero esercizio 2016 delle spese di gestione delle riserve naturali affidate a codesti enti”, si legge in una nota del dirigente generale dell’assessorato Territorio e Ambiente, Maurizio Pirillo – gli enti stessi vengono invitati a “sospendere qualsiasi attività dal prossimo 16 aprile 2016”.
Ma, come sappiamo, non è una novità. Ogni giorno leggiamo di settori pubblici in ginocchio per mancanza di risorse: dagli enti collegati all’agricoltura, ai musei ed altri enti culturali, dall’associazione degli allevatori agli istituti sperimentali dell’Agricoltura, per non parlare dei Comuni, delle Province e così via.
Ogni giorno è un bollettino da guerra. Alla Regione siciliana, praticamente, sono rimasti solo gli occhi per piangere. Le uniche cose che riesce a pagare sono la sanità (in parte), gli stipendi dei dipendenti (in parte), le rate dei mutui e il funzionamento dell’Ars (stipendi a deputati e dipendenti).
Per il resto è tabula rasa. Come detto, lo leggiamo ogni giorno nei servizi di cronaca.
Quello che non ci capita di leggere spesso è perché la Regione siciliana si è ridotta, praticamente, al fallimento. Né sentiamo i deputati regionali denunciare i fatti che hanno portato a questo tracollo vergognoso.
Da dove cominciamo? Dai 500 milioni di euro che dovevano arrivare da Roma per chiudere il Bilancio 2016 e che, come avevamo previsto, non sono mai arrivati? Intanto, questi soldi – grazie al lavoro certosino se non ‘truffaldino’ dell’assessore all’Economia, Alessandro Baccei che, come sappiamo, risponde a Roma – sono stati inseriti in capitoli di spesa. Nei documenti contabili, cioè, si è scritto che alcune voci sarebbero state finanziate con soldi che non ci sono (i cosiddetti ‘accantonamenti negativi’). Come pagare con un assegno scoperto: chi lo accetterebbe?
Continuiamo con i soldi che la Sicilia versa allo Stato come “contributo al risanamento della finanza pubblica”. Ricordate? Lo stesso Baccei, messo all’angolo da critiche che gli hanno rimproverato la sua dipendenza dal Governo nazionale, non ha potuto fare a meno di dire che si tratta in assoluto del contributo più alto di tutte le altre Regioni del nostro Paese: una media 1,3 miliardi di euro l’anno.
Cifra che continuiamo a versare nonostante tutti i settori pubblici siciliani siano al collasso.
Ancora, nonostante la propaganda e la superficialità di molti osservatori (non ultima la Rai che lunedì scorso durante la trasmissione Petrolio ha dato l’ennesima prova di ‘imparzialità’ in tema di Sicilia), la nostra Regione continua ad essere derubata di gran parte dei tributi che le spetterebbero per Statuto (che, ricordiamo, avrebbe valenza costituzionale).
Come si fa a dimenticare la reprimenda dello scorso dicembre della Corte dei Conti siciliana? Certo non si tratta di un covo di sovversivi. Eppure, i magistrati contabili, lo hanno scritto nero su bianco: lo Stato, attraverso l’Agenzia delle Entrate, “continua a trattenere entrate erariali di spettanza regionale privando conseguentemente la Regione della liquidità necessaria per fare fronte alla chiusura del programma comunitario e ai pagamenti della PP.AA”(qui potete leggere l’articolo in questione).
In altre parole, i soldi per i Comuni, per le Province e il cofinanziamento dei fondi europei ci sarebbero se solo lo Stato la smettesse di derubarci.
Si potrebbe andare avanti con lo scippo dei fondi PAC destinati al Sud e, quindi, anche alla Sicilia, e così via.
Tanto per ricordare che se la Sicilia è al collasso una ragione c’è e si chiama Roma. Ma non solo. I deputati dell’Ars, quasi tutti meritevoli del ‘premio ascaro 2016’, non avendo alcun problema (i loro stipendi sono assicurati) non stanno facendo nulla di serio e di concreto per porre fine a questo massacro. Neanche ci provano intenti come sono a trattare con le segreterie nazionali un posto in lista per le prossime elezioni.
Fa sorridere (no, fa ridere) anche quello scienziato di Davide Faraone che alla Leopoldina siciliana si è presentato come quello che salverà la Sicilia (qui il ritratto di questo personaggio e delle sue elucubrazioni). La salverà da chi? Dalla giunta di cui è parte? Dal partito che rappresenta e che è responsabile del tracollo siciliano? I carnefici che si travestono da salvatori, vecchia solita storia.
“Dopi di noi le iene e gli sciacalli”. Don Fabrizio, principe di Salina, aveva proprio ragione.
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