Hanno le idee chiarissime. La sanno lunga in fatto di partiti e impegno civile; sono concentratissimi sulla questione siciliana e su quella meridionale. Guardano con interesse alla Catalogna e sanno bene chi era Antonio Canepa. Non votano, con convinzione. Sono i giovanissimi studenti del Collettivo Universitario Autonomo di Palermo. Li abbiamo incontrati
“Per la Sicilia sogniamo un governo fatto da Siciliani e non da burattini”. “Noi non crediamo nella politica, noi facciamo politica”. “Noi non votiamo”. Hanno le idee chiare, anzi chiarissime. La sanno lunga in fatto di partiti; sono concentratissimi sulla questione siciliana e su quella meridionale. Guardano con interesse alla Catalogna e sanno bene chi era Antonio Canepa. Sono l’esatto contrario degli stereotipi in voga nei circoli ammuffiti della cultura ufficiale sempre pronta a relegarli nella categoria dei ‘perditempo’. Sono svegli e preparati, pronti a lottare per un futuro migliore partendo dal presente. Sono i giovanissimi studenti del Collettivo Universitario Autonomo di Palermo. Li abbiamo incontrati nel palazzo dell’ex Esa (Ente di sviluppo Agricolo), che hanno occupato da un mese per farne uno studentato. Ci hanno spiegato le ragioni del loro gesto e molto di più.
Con Federico Guzzo e Giuditta Lotauro, entrambi ventunenni, studenti di Scienze Politiche e Architettura, abbiamo parlato per quasi un’ora. Hanno sostenuto con genuina franchezza le loro tesi e risposto ad ogni domanda senza mai tentennare. Cerchiamo di riassumere il loro pensiero, partendo dalla cronaca per poi arrivare al cuore del loro modo di intendere la politica.
L’occupazione del palazzo ex Esa. Perché?
“Uno dei disagi che colpisce il mondo universitario è sicuramente il problema degli alloggi. Il che è incredibile – commenta Giuditta – se si pensa a tutte le strutture pubbliche abbandonate, lasciate a marcire. E, visto che l’Ersu non è in grado di risolvere questo problema, proviamo a risolverlo noi, con le occupazioni”.
Non si poteva chiederlo in affidamento?
“Intanto – dice Federico- noi non siamo una associazione riconosciuta, e non lo siamo perché non crediamo alle deleghe. Le associazioni vogliono riproporre lo stesso format della democrazia rappresentativa per come la conosciamo nel sistema dei partiti. E noi siamo contro questo modello. Noi crediamo solo all’auto organizzazione, all’autogestione che parte dal basso che mette la gente e i suoi bisogni al centro. Negli ultimi vent’anni in particolare, i cittadini non sanno più cosa sia la partecipazione politica, la possibilità di partecipare a quei processi che determinano le decisioni che poi pesano sulle nostre teste. Per uscirne fuori, noi diciamo no a questo sistema di rappresentanza, la delega non funziona. Bisogna partire dal basso e costruire, tramite azioni come questa, una legittimità. Devono essere le istituzioni a venire a bussare, a riconoscere che fai un lavoro migliore di quello che fanno loro. Solo in questo contesto si potrebbe arrivare a parlare all’affidamento”.
Ma questo metodo vi ha portato dei risultati?
“Certo- sottolinea Giuditta- l’hotel Patria, ad esempio. Doveva diventare uno studentato, ma per problemi strutturali e per una serie di contenziosi, tutto si era bloccato. Lo abbiamo occupato per due anni, fino a quando, l’estate scorsa, la presidenza dell’Ersu ci ha detto che aveva risolto i problemi e trovato i soldi per le ristrutturazioni necessarie. Senza la nostra azione, tutto questo non sarebbe successo. Grazie a questa forme di iniziative, metti una spina nel fianco alle istituzioni, li costringi a rispondere”.
Politica ed elezioni.
“Non si salva nessuno. Dall’estrema destra all’estrema sinistra. Nel momento in cui entrano a fare parte del sistema dei partiti, cominciano a fare i loro interessi non quelli della gente. – dicono quasi all’unisono i due ragazzi .
Movimento 5 Stelle incluso?
“Hanno certamente individuato degli obiettivi e le loro proposte possono essere interessanti. Ma anche loro in alcuni territori, stagnano. Entrare in Parlamento è stato un errore”.
Ma, al di là dei 5Stelle, non è dal di dentro che si cambia la politica e il modo di gestire le istituzioni?
Federico non ha dubbi:”No. Come detto, non ci riconosciamo in questa forma di rappresentanza. Ci sono tane cose che non vanno nel modello di democrazia rappresentativa che è tutto tranne che democrazia, tutto tranne che uguaglianza, tutto tranne che inclusione sociale”.
La domanda sorge spontanea: ma voi andate a votare?
“Assolutamente no. Bisogna smettere di alimentare questo sistema. Bisogna smettere di pensare che delegare sia la forma per risolvere i problemi e rispondere alle esigenze dei cittadini. Con quale spirito si va a votare? Accontentandosi del meno peggio? E perché dovremmo convincerci che qualcuno, in un mondo dominato dal capitalismo, dall’individualismo da gente che pensa solo alla carriera e a come prenderti in giro, dovrebbe all’improvviso preoccuparsi dei bisogni della gente? Non lo hanno mai fatto, non lo faranno”.
Ma cosi facendo, non si lascia agli altri il potere di decidere? Ci ritroveremo con governi eletti da pochissimi italiani. O no?
Federico e Giuditta non indietreggiano: “Perche ora come è? Abbiamo già Governo eletti da pochissimi cittadini, o addirittura non eletti. Vedi Renzi. Questa classe politica è già delegittimata ma, quando l’astensione arriverà al 90 per cento, non potranno stare tanto tranquilli. Saranno delegittimati del tutto. Allora si potranno cacciare perché la decisione dei cittadini sarà chiara”.
E una volta cacciati?
“Non potrà che esserci un governo che metta le persone al centro e per fare questo dovrà garantire reddito a tutti, di ‘esistenza’ lo chiamiamo noi, sanità e scuola a tutti. Dignità a tutti, anche a quelli che un lavoro non ce l’hanno e non lo potranno avere perché innovazione e tecnologia significano anche questo. Uno Stato non può non chiedersi se tutti i suoi cittadini mangiano, hanno una casa, cure adeguate e istruzione”.
Ancora battiamo sul ferro caldo: ma non è che, in fondo, gran parte degli astensionisti sono solo indifferenti e non impegnati, o peggio rassegnati?
“Quello della rassegnazione, forse, è un problema degli adulti. Nessun giovane che non va a votare lo fa come segno di resa, al contrario per noi è una forma di lotta. Ci teniamo al nostro futuro”. Chapeau.
Questione Siciliana.
“Noi resteremo in Sicilia, per cambiarla. Potevamo già andare via, potevamo scegliere una università fuori, ma non lo abbiamo fatto”. Per Federico e Giuditta, questa è una certezza granitica. Sanno benissimo che “questa terra ha il tasso di disoccupazione giovanile più alto d’Italia” e che migliaia di giovani se ne vanno costantemente. Loro parlano di “un tasso di deportazione forzata più alto del dopoguerra”. “Ma- ribadiscono- noi rimaniamo in Sicilia per lavorare affinché questa terra cambi”.
E come?
“La Sicilia deve tornare ad avere un governo fatto da Siciliani che abbia a cuore le sorti e la dignità dei suoi abitanti, che garantisca casa, reddito, sanità ed istruzione a tutti, per cominciare”.
Un Governo di Siciliani? Crocetta è di Gela, siciliano no?
I ragazzi ridono:”No, no. Siciliano per davvero. Crocetta è un burattino in mano al Pd. Non risponde ai Siciliani, ma al suo partito che gli ha imposto pure un assessore calato da Roma”.
La Sicilia ai Siciliani, dunque…
“Come diceva Antonio Canepa” commenta Federico.
Restiamo un po’ di stucco nel prendere atto che un ventunenne conosce Canepa. Un ventunenne che si è salvato dalle censure della cultura ufficiale, quella che ha fatto di tutto per oscurare la vera storia della Sicilia, è una rarità. Ma, anche Giuditta mostra di sapere di che stiamo parlando: “Canepa e la via socialista all’indipendenza siciliana”. Due in un giorno solo, siamo fortunati.
L’occasione è ghiotta per chiedere cosa pensano dell’indipendentismo, dell’autonomia e se hanno seguito le vicende catalane.
“Canepa è sicuramente un punto di riferimento nelle nostre riflessioni. Con questo non dico- spiega Federico- che dovremmo stilare un manifesto indipendentista come ha fatto lui. Non credo ci siano le condizioni per questo, né sono certo possa essere la migliore soluzione. La Catalogna è la regione più ricca della Spagna, e fa bene a volere andare per la sua strada. Guardiamo con grande interesse ai fatti catalani. Magari se un giorno la Sicilia riuscirà a essere davvero indipendente in termini politici ed economici, chissà”.
Aggiungiamo sommessamente che poiché lo Stato impedisce l’applicazione dello Statuto siciliano, difficilmente la Sicilia sarà ricca.
“Si, certo. Ma non scordiamo che anche lo Statuto, alla fine- commenta Federico- è uno strumento pensato per tenere la Sicilia legata al sistema Italia”.
Niente di più vero se si pensa che lo Statuto fu concesso per annientare gli indipendentisti.
“Un passo alla volta. Innanzitutto, quello che dobbiamo fare è distruggere l’idea che il sistema italiano ha costruito su noi siciliani e meridionali ingenerale.. Bisogna spiegare che questa è la terra più bella del mondo, ma viene lasciata al malaffare, alla deportazione, per l’interesse di pochi. Poi si vedrà. Di certo la storia di Garibaldi il liberatore non ce la beviamo”.
No Muos
“Abbiamo sostenuto la battaglia dei No Muos, io stesso ho il divieto di mettere piedi a Niscemi. Che dire? Certamente la battaglia No Muos è partita perdente, nel senso che le proteste si sono accese quando già c’erano 47 antenne attive in quella base. Ma la battaglia ha avuto comunque un grande significato. Ha risvegliato nei Siciliani la voglia e il coraggio di dire no. Dal movimento No Muos sono nato tanti collettivi universitari, tante associazioni che restano a presidiare i territori. Un tassello in quel grande disegno che porterà i siciliani a riappropriarsi della politica.
Come ricorderete, gli studenti universitari in corteo davanti ai Cantieri Culturali della Zisa a Palermo, dove è stata celebrata una specie di Festa dell’Unità, sono stati respinti a colpi di manganello. Non ci crederete, ma non erano armati.
“Quel corteo lo avevamo organizzato noi. Stupiti? Non più di tanto. Già- racconta Giuditta- un espisodio del genere era successo l’anno scorso quando la ministra Giannini è stata ospite del Regina Margherita. All’incontro potevano assistere solo studenti selezionato, col pass. Quando un gruppo di studenti di quella scuola, ma senza pass, ha tentato di entrare, la polizia ha caricato. Due volte”.
Federico, quindi, stigmatizza: “Quello che mi fa ridere è l’aggettivo democratico per un partito che non sa neanche cosa sia la democrazia. Questi episodi non sono frutto di qualche agente esagitato, ma una linea precisa di questo partito,che, per usare un eufemismo, non è proprio aperto al confronto. Un fatto che non ci interessa, ma fa comprendere la contraddizione è quanto sta avvenendo a Roma dove un sindaco democraticamente eletto viene commissariato perché non prende ordini da Renzi. Altro che partito democratico. Per inciso non stiamo difendendo Marino, ma non sfugge che, anche ai tempi del fascismo, approfittando di situazioni emergenziali, si ricorreva a figure come quella del prefetto, per scavalcare il volere popolare e imporre decisioni utili solo al mantenimento di uno status quo”.
Insomma, se vi troverete dinnanzi a qualcuno che sottovaluta i giovani siciliani, non prendetelo sul serio.
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